I bias cognitivi: come la mente ti inganna

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Bias cognitivi

La nostra mente è un organo complesso, sofisticato e meraviglioso. Può farci arrivare a scoperte incredibili, elaborare situazioni complesse in un battere di ciglia, sottoporsi a difficili analisi di dati ma anche volare sulle ali della fantasia più libera. Ci permette di essere lucidi, ma anche di emozionarci come bambini. Alcune di queste azioni sono molto più rapide e precise nelle macchine, in effetti. Ma l’intelligenza artificiale non è ancora arrivata neanche lontanamente ad eguagliare l’uomo nelle sue capacità di pensiero laterale o di intelligenza emotiva.
Eppure…a volte ci inganna, si prende gioco di noi, ci fa sbagliare calcoli e decisioni. Non lo fa con cattiveria, anzi…lei è la prima vittima. Lo fa più per …pigrizia.

Questi errori possono essere sbagli innocenti, ma in alcuni casi le deviazioni dal percorso corretto possono costare caro, quando si tratta di aspetti più importanti. E questo accade nella vita privata così come sul lavoro. Evitarli del tutto, è praticamente impossibile. Ma conoscere dove tendiamo più facilmente a confonderci ci può aiutare a non cadere nei tranelli per noi più rischiosi. Una mente innovativa è una mente brillante, piena di risorse, consapevole e capace di non farsi trarre in inganno.

Per migliorare le nostre capacità, vediamo quindi come si comporta il cervello, perché si muove in questo modo e quando rischiamo di cadere in errore. Più avanti, invece, vedremo quali sono gli sbagli più tipici a cui fare attenzione.

Sistema 1 e sistema 2

Immaginiamoci il nostro cervello come una casa in cui devono coabitare due inquilini dai caratteri molto diversi. Chi ha avuto esperienze simili sa che non sempre è facile adattarsi, ma talvolta può essere utile, piacevole o divertente.
Ecco, nella nostra testa convivono quelli che il premio Nobel Daniel Kahneman chiama il “Sistema 1″ e il “Sistema 2”.
Il primo è un inquilino frettoloso e sbrigativo che fa le cose in modo istintivo, senza controllarsi, ma è piuttosto veloce. Il secondo è il classico pignolino, sa eseguire molto bene i compiti complessi, che richiedono attenzione e concentrazione, nonché forza di volontà. Ma è anche piuttosto pigro. A meno che non vi sia costretto, tende a lasciar fare al suo amico, che sarà più superficiale, ma spesso fa le cose giuste, anche se un po’ tirate via.
Il problema è che non se ne accorge neanche: mentre lui sonnecchia, il compagno ha già fatto tutto. Ma, essendo il “Sistema 2” anche un po’ presuntuoso, è convinto di essere lui quello che comanda, da cui tutto dipende. In realtà, assomiglia più ad un manager che dà indicazioni e linee guida, ma poi si dimentica di controllare se i sottoposti le abbiano seguite. E a volte, nella fretta, capita più di un errore. Ma il grande capo non li scopre sempre 😉

Cosa vuole dirci questa metafora? Che noi operiamo secondo due forze. Siamo tendenzialmente convinti, come esseri umani, di essere razionali, prendere decisioni volontarie basate su riflessioni ponderate. In realtà, spesso non agiamo affatto così, in base a criteri logici e dati numerici, ma piuttosto in seguito ad impressioni, emozioni, istinti. Però non ce ne accorgiamo e ci piace pensare che tutto dipenda dalle nostre facoltà superiori.
D’altra parte, già Freud aveva scoperto come le nostre azioni coscienti siano solo la punta dell’iceberg. E se andiamo a vedere, anche la nostra capacità di fare scelte non fa eccezione. Di fronte alla punta emersa di decisioni controllate, c’è un sommerso di pregiudizi, calcoli errati ed istinti sbagliati che non vediamo.

Le capacità del “sistema 1” e del “sistema 2”

Di fatto, il “Sistema 1” è un crogiolo di impressioni e sensazioni spontanee che stanno alla base delle convinzioni esplicite e delle scelte deliberate del “Sistema 2”. Il primo è in grado di creare modelli di idee incredibilmente complessi, ma solo il secondo, più lento, riesce ad elaborare pensieri in una sequenza ordinata.

Le capacità del “Sistema 1” comprendono una parte di competenze innate che esistono anche in altri animali: percepire il mondo intorno a noi, riconoscere  gli  oggetti,  orientare  l’attenzione,  evitare  le  perdite, ecc.. Altre attività mentali non sono innate, ma diventano veloci e automatiche ripetendole spesso nel tempo: associazioni di idee (qual è la capitale del Regno Unito?), lettura e comprensione di situazioni sociali.

Molte di queste abilità sono del tutto involontarie: girarsi quando si sente un suono forte e imprevisto, sapere che 3 più 3 fa 6. Altre attività, come masticare, sono soggette a controllo volontario, ma di norma procedono in automatico. 

I limiti dell’attenzione

Il controllo dell’attenzione è condiviso  dai  due  sistemi.  Tuttavia, abbiamo delle risorse limitate. L’attenzione, che destiniamo a varie attività, non è infinita e se cerchiamo di superare il nostro budget a disposizione, falliamo clamorosamente. Le attività impegnative interferiscono l’una con l’altra, per cui non possiamo farne molte alla volta.

È possibile compiere diverse azioni contemporaneamente solo se sono facili e richiedono poca fatica. Quando invece siamo molto concentrati su qualcosa, perdiamo di vista altri aspetti. A volte siamo come temporaneamente ciechi di fronte a ciò che non sta richiedendo il nostro sforzo di attenzione cosciente, eppure siamo convinti di non esserlo e non ci rendiamo quindi conto di quanti elementi possano sfuggirci.

Il funzionamento dei due sistemi

Quando siamo svegli e vigili, entrambi i sistemi sono attivi. Il primo funziona in maniera automatica, mentre il secondo è solitamente in modalità di minimo sforzo in cui attiva solo una piccola percentuale della sua capacità.
Il primo, invece, è molto attivo e produce continuamente spunti per il secondo: impressioni, intuizioni, intenzioni e sensazioni.

Il più delle volte, se nulla attira particolarmente la nostra attenzione o ci allerta, il “Sistema 2” adotta i suggerimenti del “Sistema 1” senza praticamente modificarli.

Quando qualcosa non torna, è inatteso o richiede un’elaborazione più complessa, invece, il “Sistema 2” si attiva, analizza la situazione e, tendenzialmente, risolve il problema contingente.

Insomma, in linea di massima il “Sistema 2” si rilassa finché non viene rilevato un evento che viola il modello di mondo cui fa riferimento il “Sistema 1”, a cui lo stesso non sa dare una risposta.
Se qualcosa è strano o imprevisto, è necessario chiamare l’amico pignolo e secchione. Che è in allerta anche nelle situazioni sociali in cui dobbiamo controllare il nostro comportamento: in momenti di rabbia per non travalicare i limiti della buona educazione, quando siamo sottoposti ad una valutazione e dobbiamo dare l’immagine migliore di noi e così via. In questi casi, se il “Sistema 1” si insinua per prendere il sopravvento, il “Sistema 2” è in grado, il più delle volte, di tenerlo a bada.

In pratica, anche se non ci piace vederla così, la maggior parte di ciò che pensiamo e facciamo non nasce dal “Sistema 2”, razionale, logico, capace di sorvegliare e controllare, ma dal “Sistema 1”. Il “Sistema 2” si attiva solo quando c’è qualcosa di strano o di difficile.

C’è un motivo se la suddivisione dei compiti si svolge in questo modo: il fatto che è estremamente pratico. Riduce lo sforzo e ottimizza il rendimento, nella maggior parte dei casi. Tuttavia, il “Sistema 1” è soggetto a bias, interpretazioni e deduzioni errate che nascono in circostanze specifiche. Tendenzialmente, tende a semplificare, ad ignorare la logica e la statistica. E non si spegne, si attiva in automatico, senza la nostra volontà crescente. Possiamo però gestirlo, bloccarlo, inibirlo col “Sistema 2”. Ma lui è molto veloce e il suo compagno un po’ distratto e pigro, per cui ogni tanto gli scappa la svista. Altre volte, invece, lo tiene a bada, esercitando il suo compito: l’autocontrollo.

L’autocontrollo

Nel suo libro “Pensieri lenti e pensieri veloci”, Kahneman ci mostra l’illusione di Müller-Lyer.

Illusione di Müller-Lyer

A prima vista, la riga di sotto ci appare inconfutabilmente più lunga. Tuttavia, se prendiamo un righello e la misuriamo, ci accorgiamo che è identica a quella di sopra.

A questo punto, il tuo “Sistema 2” sa che il “Sistema 1” ha fatto un errore che tu avevi preso per buono; ma la tua capacità di controllare ti ha fatto rilevare un dato in più di cui ora terrai conto. Quando vedrai due linee di questo tipo, saprai che non devi farti ingannare dalla percezione immediata.             
Tuttavia, il “Sistema 1” continuerà a vedere la linea di sotto come più lunga, anche se il “Sistema 2” lo ha avvisato dello sbaglio. È fatto così. Sarà compito del “Sistema 2” non fidarsi di quanto gli dice il “Sistema 1” quando vede delle frecce attaccate ai segmenti che vanno in direzioni opposte.
Questa illusione ottica ora la conosci e la puoi evitare. Ma non tutti gli inganni sono percettivi, alcuni sono cognitivi: un’interpretazione errata di numeri, dati, eventi, situazioni.

Se il “Sistema 2” non conosce questi rischi, non riesce neanche ad evitarli. Il “Sistema 1” gli sottopone le sue interpretazioni come verità e lui spesso si fida. Non solo; persino quando si conoscono i rischi di errore, non caderci richiede un controllo attivo, che non sempre abbiamo voglia o possibilità di attivare. Né sarebbe utile realizzare una vigilanza continua su tutto ciò che la nostra mente ci sottopone istintivamente come realtà e verità. Il “Sistema 2” è troppo lento per sostituirsi regolarmente all’1; sarebbe una vita da inferno prendere anche le decisioni più banali.
Quindi, ciò che possiamo fare è conoscere i rischi più frequenti di errori e porci attenzione, soprattutto quando sappiamo che la decisione è importante e possono derivarne conseguenze decisive. Per quanto, come sempre, siamo più bravi a riconoscere gli errori degli altri che i nostri.

La fatica del “Sistema 2”

Purtroppo, abbiamo detto che il “Sistema 2” è pigro e si affatica ad impegnarsi più del necessario, soprattutto quando la posta in gioco non sia alta. Quindi, anche se è un po’ narcisista ed è convinto di essere sempre al centro delle azioni, il vero protagonista, per gran parte della storia, è il “Sistema 1”, che lascia lo spazio al suo amico solo quando ci vogliono sforzi e capacità di autocontrollo che lui non è capace di attivare.

D’altra parte, la fatica richiesta al “Sistema 2” per queste operazioni è tale, che tende ad offuscargli la mente su tutto ciò che non è nel suo focus. Quando le richieste di attivazione superano le sue capacità, infatti, lui smette di dare attenzione a tutto ciò che non è essenziale, si concentra sul compito più importante e perde di vista il resto. Addirittura, può non notare aspetti mastodontici, se non fanno parte del suo compito centrale.

Il “Sistema 1”, inoltre, non è necessario solo per velocizzare tutti i nostri compiti; può essere assolutamente essenziale anche per salvarci la vita. A lui fanno capo, infatti, i nostri istinti e azioni autodifensive. Quando avvertiamo un pericolo, lui si attiva e reagisce alla minaccia prima che ce ne rendiamo coscientemente conto.
Anche l’intelligenza, il talento e l’esperienza permettono di attivare azioni complesse con minore sforzo. Ed è proprio questo che cerca il nostro cervello: fare meno fatica possibile. Tutto ciò che può azionare in modo automatico lo preferisce. Tuttavia, è capace di risvegliarsi in modalità 2, quando richiesto, qualora sia necessario eseguire un compito più complesso come, ad esempio, pianificare una sequenza di azioni. Si tratta della “funzione esecutiva” e l’area del cervello deputata a svolgerle è quella prefrontale, una regione molto più sviluppata nell’uomo che in altri primati, coinvolta in tutte le operazioni associate all’intelligenza.

Un unico serbatoio di energia

Il “Sistema 2”, in condizioni normali, usa sempre una certa parte di energia per pensieri casuali e per controllare ciò che succede intorno a noi; ma sta in modalità “risparmio energetico”. Questo ci permette di fare più cose contemporaneamente: pensare e camminare, guidare ed ascoltare la radio, ecc. Tuttavia, se le attività in cui siamo impegnati richiedono uno sforzo maggiore, le nostre limitate risorse entrano in contrapposizione e bisogna fare una scelta. Se devo svolgere una complessa operazione mentale, è facile che rallenti il passo fino a fermarmi e, addirittura, a sedermi. Se, invece, decido di aumentare il ritmo e mettermi a correre, rinuncio a pensieri troppo complessi, perché la mia energia è già indirizzata a resistere all’impulso di rallentare, mantenendo un ritmo costante.
Evidentemente, autocontrollo e pensiero intenzionale sono forme di lavoro mentale ed attingono allo stesso serbatoio di energia.

Non tutti i pensieri richiedono uno sforzo intenso e prolungato, molti si fanno in maniera automatica e senza sforzo anche per lunghi periodi di tempo. Ma quando è necessario impegnarsi di più, ci si contende lo stesso serbatoio di risorse.
Tanto che è dimostrato che, chi è sottoposto simultaneamente a un compito cognitivo difficile e a una tentazione, tende maggiormente a cedere a quest’ultima. Per questo, mai tenere a portata di vista qualche buon dolce quando si è mentalmente sovraccarichi!
In questi casi, infatti, è il “Sistema 1” a prendere il controllo sulle altre cose quando il “Sistema 2” è impegnato in attività complesse. E il “Sistema 1”, potrebbe resistere a tutto, tranne che alle tentazioni 😉
Non solo: quando si è mentalmente impegnati, si è anche, tendenzialmente, più egoisti, tendenti ad un linguaggio sessista e a giudizi superficiali.

Insomma, se la mente è indebolita o da un eccessivo carico o da una scarsa energia (magari avete dormito poco), l’autocontrollo diminuisce, perché anche lui richiede impegno.
In definitiva, tutte le varianti dello sforzo volontario – cognitiva, emozionale e fisica – attingono almeno in parte a un sistema condiviso di energia mentale. Quando ci si è dovuti imporre di fare una cosa, si ha meno capacità di autocontrollo nel momento in cui insorge un  nuovo problema. Allo stesso tempo, se si è impiegata energia nel contenersi, si è anche più stanchi e meno performanti in caso di compiti mentali difficili. Questo fenomeno, definito “deplezione dell’Io” è come una mancanza di motivazione data da un’attivazione dell’autocontrollo che ci “scarica” per i compiti successivi.

D’altra parte, il nostro cervello sotto sforzo, come i nostri muscoli, consuma molto glucosio (anzi, lo fa in misura maggiore a quasi tutte le altre parti del corpo). Quando siamo impegnati in compiti cognitivi complessi o in forme di autosorveglianza, il glucosio nel sangue cala. Questo ci dice anche, come gli esperimenti dimostrano, che la “deplezione dell’Io” può essere contrastata assumendo zuccheri.

Quel credulone del “Sistema 2”

Abbiamo visto che una delle principali funzioni del “Sistema 2” è monitorare i pensieri e le azioni suggeriti dal “Sistema 1”, permettendo ad alcuni di esprimersi attraverso le azioni  e reprimendo o modificando gli altri.

Tuttavia, gli studi dimostrano che il nostro “Sistema 2” ha poca voglia di lavorare (o è molto fiducioso) e tende a prendere per buoni molti suggerimenti del “Sistema 1” quando apparentemente i problemi e le conseguenti decisioni appaiono facili, cioè sembrano non richiedere sforzi eccessivi. Dagli esperimenti si dimostra come alcuni indovinelli apparentemente banali attivino di default, nella maggior parte delle persone, riposte intuitive. Ma sbagliate.

Prendete questo esempio che riporta Kahneman:

Una mazza da baseball e una palla costano un dollaro e dieci. La mazza costa un dollaro più della palla.
Quanto costa la palla?

L’istinto ti porta a rispondere “dieci”. Se non lo fai, è solo perché ti pare strano che l’indovinello sia troppo facile, quindi eserciti un controllo per trattenerti da dare la risposta intuitiva che ti è apparsa alla mente.
Il “Sistema 1” ha porto una risposta e il “Sistema 2”, nella maggior parte dei casi, la prende per buona, senza controllare.

Se hai risposto “dieci”, non ti preoccupare, sei in buona compagnia: oltre il 50 per cento degli studenti di Harvard, dell’MIT  e di  Princeton ha  dato  l’errata  risposta  intuitiva.  In università meno selettive, la percentuale era persino più alta, oltre l’80 per cento.
Molte persone si fidano delle loro intuizioni e trovano lo sforzo cognitivo una faticosa perdita di tempo da evitare quando possibile.
E a proposito: la palla costa 5 centesimi 🙂

Ora, ti chiederai perché mai farsi tanti problemi per un indovinello sbagliato. È semplice: questa e altre prove dimostrano che la razionalità non è nostra fedele compagna nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, noi siamo convinti che lo sia e gli effetti sono che spesso ci convinciamo che una conclusione sia vera e tendiamo anche a credere alle argomentazioni che paiono sostenerla, nonostante esse siano infondate.

Nei fatti, cosa succede? Il “Sistema 1” risponde automaticamente, il 2 si convince che la valutazione sia giusta e cerca le argomentazioni per corroborarla. La capacità del “Sistema 2” di fermarsi, analizzare bene i dati e controllare l’esattezza della risposta intuitiva è variabile da individuo a individuo. Ma non così frequente, come abbiamo visto.

Intelligenza e autocontrollo: due variabili correlate?

Si diceva, quindi, che il serbatoio di energia è limitato e ad esso abbiamo accesso sia per l’autocontrollo che per il pensiero razionale. Verrebbe naturale domandarsi: queste due capacità sono correlate in modo diretto? Chi ha valori alti nell’una, li ottiene elevati anche nell’altra? 

L’esperimento marshmallow di cui abbiamo già parlato (ed altri successivi) ci mostra che sembra essere proprio così.
I bambini che riescono a resistere alla tentazione di mangiare subito il dolcetto per ottenere una maggiore ricompensa nel tempo più lungo, mostravano, dieci o quindici anni dopo, maggiore controllo esecutivo nei compiti cognitivi, in particolare nella capacità di riallocare la loro attenzione in maniera efficace. Da giovani adulti, avevano meno tendenza ad assumere droghe e punteggi assai più alti nei test d’intelligenza.

Insomma, come già avevo spiegato nell’articolo Battere il pesce rosso. Come avere successo nel XXI secolo la capacità di attenzione è correlata all’autocontrollo che, a sua volta, è legato a maggiori possibilità di successo.
Infatti, chi segue acriticamente l’intuizione quando affronta un problema, è anche incline ad  altri atteggiamenti: è impulsivo, impaziente e in cerca di gratificazione immediata. Non esattamente i comportamenti ideali per chi deve strutturare progetti, percorsi di carriera e obiettivi a lungo termine. Ma neanche per le migliori valutazioni economiche.                 
In un ulteriore esperimento, infatti, quando si chiedeva a degli studenti quanto avrebbero pagato per vedersi consegnare immediatamente un libro che avevano ordinato, gli allievi con bassi punteggi nel test di riflessione cognitiva erano disposti a pagare il doppio di quelli che avevano registrato punteggi alti.

Insomma, non ci meravigliamo dell’alto successo di “Amazon prime” e servizi simili che si basano su una tendenza umana molto diffusa.

In conclusione

Ci piace immaginarci razionali, autori consapevoli e accorti delle nostre scelte, eppure la realtà sembra molto diversa dalla nostra immagine ideale. Se la strutturazione del nostro pensiero ci avvantaggia in molte occasioni quotidiane, può rivelarsi un problema quando affrontiamo compiti nuovi, che implicano scelte con effetti importanti sulla nostra vita, personale o lavorativa. È in questi momenti che dobbiamo drizzare le antenne e osservare con cura, imparando quali siano gli inganni più frequenti che la mente ci crea per contrastarli nei momenti in cui questo può fare la differenza.

Mettiamoci l’animo in pace: buona parte delle nostre scelte sono irrazionali e basate su logiche che non controlliamo come pensiamo. Tuttavia, la conoscenza è potere; anche se sapere quali siano i trabocchetti che il nostro cervello ci rifila non può evitarli del tutto, di certo ci aiuta a ridurre i danni.

Se vuoi saperne di più, leggi quali sono i bias cognitivi che spingono a fidarti e quelli che incidono sulle scelte.

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