
In un mondo in continuo cambiamento, che porta sempre nuove sfide, destabilizzando e modificando i punti fermi del business e del successo, l’ambidesterità può rappresentare un concetto da considerare attentamente. Di cosa si tratta?
Il termine (utilizzato per la prima volta da Duncan nel 1976[1], il concetto fu poi sviluppato da March[2]) in italiano suona male (anzi, malissimo!), ma ciò che importa è il suo significato. Essa rappresenta l’abilità di un’organizzazione di unire e bilanciare due aspetti per certi versi opposti, cioè sia l’efficienza nella gestione del business attuale sia la capacità di affrontare la domanda di cambiamento del futuro.
Come essere ambidestro significa essere capace di utilizzare sia la mano destra sia la sinistra in egual misura, l’ambidesterità organizzativa richiede a chi la utilizza di impiegare sia tecniche esplorative, creative e flessibili che di valorizzazione delle risorse presenti e consolidate. Si tratta di coniugare, quindi, concetti come ricerca, sperimentazione, accettazione del rischio, flessibilità, innovazione con altri come produzione, efficienza, implementazione, esecuzione.
Utilizzare solo uno dei due atteggiamenti rischia di fare sprecare delle possibilità. Avvicinarsi solo alla sperimentazione del nuovo rischia di far buttare energie e risorse in qualcosa che potrebbe rivelarsi non valido. Dall’altra parte, però, focalizzarsi solo sul consolidato significa rimanere bloccati sul presente, su performance, prodotti e servizi attuali togliendosi la possibilità di ottenere più successo o di essere pronti alle nuove sfide quando si presentano.
L’ambidesterità può essere considerata, in modo più ampio, anche come la capacità di coniugare l’innovazione radicale con quella incrementale (vedi il mio articolo precedente).
Ambidesterità strutturale e contestuale
Tendenzialmente, le organizzazioni ambidestre non alternano periodi di esplorazione con altri di valorizzazione delle competenze acquisite, ma se ne occupano simultaneamente. Questa contemporaneità può avvenire essenzialmente in due modi differenti:
- l’ambidesterità architetturale o strutturale utilizza strutture e strategie che differenziano in modo netto gli sforzi nella direzione dell’esplorazione da quelli verso lo sfruttamento di ciò che è acquisito. In pratica, vi sono due parti, una focalizzata sull’esplorazione del nuovo, l’altra sulla valorizzazione del consolidato. E’ anche conosciuta come la “separazione spaziale” delle due strategie
- l’ambidesterità contestuale utilizza mezzi comportamentali per integrare i due aspetti all’interno della stessa unità organizzativa. Rappresenta una modalità bilanciata che tiene una posizione intermedia fra esplorazione e valorizzazione, conosciuta anche come “strutture parallele” o “strategie ibride”.
Quale delle due forme sia utile sfruttare dipende anche dalla velocità e dal tipo di cambiamento tecnologico con cui si confronta l’organizzazione. In un contesto in cui il cambiamento è più lento, il primo tipo può essere più adatto per affrontarlo avendo maggiore tempo a disposizione. Al contrario, in ambienti altamente competitivi, strutture bilanciate possono essere più efficaci nel fronteggiare una necessità continua di allineamento al contesto.
Livelli di ambidesterità
La definizione funzionale di ambidesterità fu originariamente utilizzata per descrivere organizzazioni, ma recentemente questo concetto è stato esteso a tutti i livelli organizzativi inclusi singoli individui, team e leader. Infatti, la capacità di gestire e regolare le domande di innovazione non è solo una sfida per i livelli superiori di un’organizzazione; anche gli impiegati sia singolarmente sia in gruppo, così come l’organizzazione nell’insieme, hanno tutti da trovare strategie per gestire domande complesse e contraddittorie per avere successo nell’innovazione e adattarsi ai mercati in cambiamento.
In conclusione
Nelle organizzazioni, la maggior parte dei ricavi deriva dallo svolgersi delle attività core, centrali per il business presente. Queste mantengono l’azienda viva; se si smette di utilizzare le tecniche consolidate e di gestione attuali del business, prima o poi si muore. Il focus per queste attività è a breve termine, gli obiettivi sono principalmente commerciali, finanziari e indirizzati alla performance. Si tratta di efficienza, produttività, velocità.
L’esplorazione rappresenta invece il futuro dell’impresa. Include tutti i progetti e programmi strategici e tattici. Gli obiettivi sono solitamente più strategici e più vicini alla vision, ma i benefici vengono raggiunti solo nel medio e lungo termine e sono – proprio per questo – meno tangibili e quantificabili di quelli operativi e core. Questi puntano a trasformare il business per incrementare significativamente la sua crescita e profittabilità. D’altra parte, però, non vi è alcuna certezza che i risultati saranno raggiunti.
La maggior parte delle aziende ha strumenti di valorizzazione dell’esistente ormai maturi e corretti, mentre spesso tende ad essere più carente sulle parti esplorative (che non sono pienamente sviluppate e che sono meno inglobate all’interno dell’organizzazione) o nel legame fra la struttura core e quella orientata al futuro.
Per sfruttare i vantaggi di una gestione ambidestra, è necessario sapere quali siano le caratteristiche salienti per realizzarla e in quali condizioni. Ne parleremo nel prossimo articolo.
[1] Duncan, R. (1976). The ambidextrous organization: Designing dual structures for innovation. Killman, R. H., L. R. Pondy, and D. Sleven (eds.) The Management of Organization. New York: North Holland. 167-188.
[2] March, J. G. (1991). Exploration and exploitation in organizational learning. Organization Science, 2, 71-87.
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