
Ultimamente si sente molto parlare di Growth Hacking. Per certi versi, è diventato anche un po’ una moda. Ma di cosa si tratta, esattamente? E in che modo può essere utile per sviluppare il tuo business?
Il Growth Hacking rappresenta un insieme di strategie per fare rapide sperimentazioni in sequenza utilizzando strumenti come marketing funnel, sviluppo di prodotti, vendite, ecc. Lo scopo è arrivare a far crescere la tua attività il più velocemente possibile.
La parola è di difficile traduzione. Letteralmente, significa “piratare la crescita” che, però, non rende molto l’idea. Più comprensibile è la spiegazione che ne dà Raffaele Gaito, tra i growth hacker più famosi in Italia: “concentrarsi sulla crescita (growth) ragionando fuori dagli schemi (hacking)”.
La nascita del Growth Hacking
La nascita del termine e dell’idea ha una data ben precisa: 26 luglio 2010, quando Sean Ellis, imprenditore, business angel e consulente di startup, parla per la prima volta nel suo blog di growth hacking marketing . Lo fa spiegando come tale strategia sia fondamentale per la crescita di startup, piccole e medie imprese, professionisti. In realtà, il suo successo è poi stato tale che, ad oggi, anche molte grandi imprese vi ricorrono per sviluppare ulteriormente il proprio business.
Per lui, “un growth hacker è una persona la cui stella polare è la crescita. Ogni cosa che fa è esaminata sulla base del suo potenziale impatto sulla crescita scalabile”.
Sean Ellis, che ha seguito e fatto crescere (ma si potrebbe anche dire “esplodere”, in senso positivo) tante aziende, come Dropbox ed Eventbrite, si era infatti accorto di come il suo intervento nelle diverse imprese si stesse strutturando secondo un percorso ricorrente, alcuni step definiti con dei risultati attesi.
Il fatto che sia molto utilizzato dalle start-up è spiegabile considerando che queste, spesso, non hanno ancora un prodotto o servizio finito, ma hanno prima necessità di studiare i propri clienti e la relativa nicchia di mercato. Inoltre, dispongono di un budget molto limitato e necessitano di crescere e ottenere risultati rapidamente per non scomparire.
E il Growth Hacking è proprio quel metodo dinamico, flessibile, basato sulla sperimentazione continua che può ben rispondere alle esigenze delle startup.
Esperimenti sì, ma con criterio
Attenzione: quando si parla di esperimenti non ci si riferisce ad azioni fatte a caso sulla base di una creatività estemporanea. Stiamo parlando sempre di strategie basate su metriche, dati che verranno poi analizzati e comparati. In pratica, si cerca – con metodo scientifico – di capire cosa funzioni e cosa no, cosa debba essere incrementato, migliorato e cosa lasciato da parte. E lo si deve fare velocemente, per perdere meno tempo, soldi ed energie possibili durante questa analisi. Insomma, per rischiare il meno possibile.
Growth Hacking e marketing
Spesso, Growth Hacking e marketing vengono confusi. Effettivamente, i punti in comune ci sono, ma non possono essere considerate due tecniche sovrapponibili. Possiamo anzi dire che il Growth Hacking abbia un’accezione più ampia, poiché include in parte il marketing, ma si occupa anche di aspetti più tecnici, come analisi dei dati, sviluppo del prodotto, engineering, automazioni, content management, programmazione e service design.
Visivamente è stato anche rappresentato come un’intersezione fra il marketing digitale, lo sviluppo del prodotto e l’analisi dei dati.
Di conseguenza, il professionista che se ne occupa dovrà avere conoscenze trasversali in diversi campi, combinarle con lo scopo di dirigere il processo di crescita ed essere in grado di rapportarsi con gli specialisti delle varie aree aziendali con cui collabora. Più che un’unica competenza approfondita, deve avere un ottimo mix di abilità e conoscenze trasversali su diversi settori. E un quoziente di adattabilità ai massimi livelli, perché la flessibilità non è un’opzione, ma un elemento fondante del metodo stesso.
Caratteristiche del Growth Hacking
Se dovessimo riassumere in pochi punti l’essenza del Growth Hacking, potremmo dire:
- Velocità: è una delle caratteristiche essenziali, proprio perché lo scopo è di testare e portare rapidamente a casa un risultato, dei dati da analizzare per decidere l’esperimento successivo, avendo come obiettivo prioritario quello di trovare la migliore strada per crescere. Lunghe riflessioni, prodotti da perfezionare prima di lanciarli sul mercato, progetti strutturati e complessi non fanno parte di questo mondo. Più esperimenti metti a terra, più hai la possibilità di trovare la chiave di volta. Ma lo devi fare nel minor tempo possibile perché la strategia sia sostenibile, soprattutto in un mondo con poche disponibilità economiche come PMI, startup e professionisti;
- Flessibilità: se l’obiettivo è testare per capire quale strada seguire, l’adattabilità diventa essenziale. Immagina una sorta di caccia al tesoro: ogni biglietto che trovi, corrisponde ad un esperimento fatto che ti dà le indicazioni per la strada da seguire dopo. A volte le indicazioni sono nette, altre volte sono un po’ misteriose, ma comunque gli indizi ci sono sempre. E ad ogni tappa, non sai quale sarà la successiva, finché non trovi il nuovo biglietto;
- Scalabilità: beh, è nato per le startup, è inevitabile che uno degli aspetti essenziali sia la capacità di arrivare a trovare un business riproducibile in scala più ampia. Indovinare una soluzione perfetta per pochissime persone non è un obiettivo per cui abbia senso mettere in atto un percorso di questo tipo;
- Creatività: poiché si sperimenta di continuo, bisogna avere anche idee diverse, originali e metterle alla prova. Diciamo che il classico impiegato contabile (perdonami se fai parte della categoria J) abituato a fare sempre le stesse cose nello stesso modo, difficilmente diventerà un growth hacker. A meno che non detesti il suo lavoro e voglia stravolgere la propria vita!;
- Formazione a T: un growth hacker deve conoscere molti ambiti, non essere un campione in nessuno, ma deve poter dialogare con tanti reparti e settori di un’impresa, come abbiamo visto. Poi, avrà una verticalità in un ambito specifico (ad esempio, il marketing, la programmazione o qualsiasi altro), ma solo questa non basta. Deve avere una visione a 360°;
- Cultura del fallimento: poiché gli esperimenti in grandissima parte falliranno (proprio perché sono prove che devono indicarci la strada, non tecniche perfette che danno risultati certi) è necessario che chi si avvicina a questo approccio abbia una visione corretta dell’errore. Cioè, qualcosa da cui imparare per correggere il tiro, non una disgrazia che ci marchia a vita. E se questa cultura non la si ha…beh, forse è un ottimo mezzo per impararla. Senza, il Growth Hacking non è realizzabile.
Come avrai capito, il Growth Hacking non è un’invenzione nuova di zecca, ma piuttosto una diversa ricombinazione, più completa ed efficace, di vari elementi per ottenere il massimo in poco tempo.
Non a caso, infatti, si utilizzano strumenti già noti in altri campi. Un growth hacker potrà usare, a seconda degli obiettivi e del momento, il funnel dei pirati, i metodi della Lean Startup, il Business Model Canvas, La Javelin Board, tecniche di sviluppo del pensiero laterale e così via.
La differenza non sta in cosa usa, ma nella visione ampia e nella competenza variegata.
Un modo diverso di pensare al budget
Proprio per l’impostazione che ha, il Growth Hacking ha un approccio diverso ai soldi da investire. Primariamente, perché in linea di massima i budget a disposizione sono scarni. Ma, soprattutto, non sono allocati su un unico grande progetto (la realizzazione di un prodotto piuttosto che una fantasmagorica campagna promozionale). Si tratta di somme suddivise in parti più piccole da utilizzare ripetutamente nelle diverse prove. Si parte già dall’idea di dovere sperimentare più e più tecniche e ciascuna avrà bisogno di un suo piccolo budget. L’obiettivo è proprio arrivare a capire meglio come e dove devono essere allocati i soldi per avere il massimo ritorno di crescita; ma questo è solo il punto finale del percorso. Che poi, a sua volta, potrebbe essere la base per un nuovo iter di scoperta.
Non una tecnica, ma un processo
Più che definirlo come una tecnica o un insieme di tecniche, lo si può considerare una sorta di processo continuo. Non pensate all’esperto di Growth Hacking da chiamare al bisogno quando si presenta un grosso problema che non si sa risolvere. Diciamo che fa parte integrante della crescita aziendale, non è una consulenza spot o una formuletta magica da applicare indipendentemente da contesto, fase di sviluppo, esigenze specifiche.
Quali sono, quindi, gli step di questo percorso? Secondo Raffaele Gaito, sono sette: analisi, Ideazione, prioritizzazione, esecuzione, esperimenti, efficienza, crescita. Andiamo a vederli.
Analisi
Rappresenta un po’ il punto di inizio (analisi preliminare) e quello di termine dell’intero processo (analisi dei risultati). Si devono raccogliere i dati, sia qualitativi che quantitativi, che saranno poi utilizzati per creare gli esperimenti. Essendo un processo iterativo, le informazioni finali saranno utilizzate anche come parte delle analisi preliminari per l’esperimento successivo.
Ideazione
È una fase creativa, di brainstorming e pensiero laterale per sviluppare idee non convenzionali che facciano da base agli esperimenti. Come si diceva, si utilizzano anche i dati ricavati dai test precedenti per la nuova fase di ideazione. Il team dovrebbe essere eterogeneo, in modo da avere visioni differenti sul problema. Inoltre, anche i clienti sono ottime fonti di dati e spunti per le creatività, proprio perché il prodotto/servizio va ritagliato su di loro e conoscere i loro bisogni è un’ottima base di partenza. Anche dai concorrenti si possono ottenere spunti di riflessione e idee.
Prioritizzazione
Poiché le risorse sono solitamente scarse e uno degli scopi del Growth Hacking è di ridurne l’impiego, massimizzando i risultati, è chiaro che dall’insieme di visioni emerse si dovranno selezionare quelle più adatte e dare un ordine di priorità. Si possono usare tecniche e strumenti che aiutino nel definire l’obiettivo da perseguire dando un valore numerico alle singole idee, che verranno poi disposte in base al punteggio ottenuto.
Esecuzione
Arrivati a definire che esperimento provare, lo si deve poi attuare. Poiché gli esperimenti variano sempre, anche i membri del team da attivare cambieranno a seconda degli aspetti che risultano centrali (marketer, addetti customer care, programmatori, ecc.) . L’esperimento va accuratamente progettato prima della realizzazione per non trovarsi a metà con dubbi e problemi non adeguatamente preventivati.
Visto che da tali azioni dovranno derivare dei dati, è importante definire bene quali metriche sono importanti (e vanno quindi misurate) e quali i criteri che ci indicano se abbiamo avuto successo oppure no.
Esperimenti
Ne vengono svolti di continuo e si confrontano ed analizzano per ricavarne informazioni utili per la crescita. Perché sia efficace, un esperimento deve essere almeno misurabile, cioè legato ad una metrica, altrimenti sarà impossibile capire se ha funzionato oppure no e dove ci sono i punti di forza e dove di debolezza.
Deve poi essere ripetibile e non dovuto al caso; cioè avere una struttura chiara che possa essere riprodotta.
Infine, deve essere scalabile, che significa che posso ripeterlo in dimensioni più ampie e progressivamente crescenti.
Efficienza
Abbiamo detto che l’obiettivo del Growth Hacking è puntare alla crescita velocemente riducendo l’impiego di risorse e, quindi, i rischi. Ovviamente, non esiste un Growth Hacking a costo zero, ma certamente l’impegno economico va ottimizzato.
Crescita
Lo abbiamo detto dall’inizio. L’obiettivo di questo processo è lo sviluppo del proprio business. Si deve trovare, attraverso questo percorso di sperimentazione, quali siano gli elementi che concorrono a tale obiettivo. Il più in fretta possibile.
La formula magica (che non esiste)
Come avrete capito, non esiste una formula magica da applicare indistintamente. Alla base del Growth Hacking ci sta il provare e riprovare, usando tecniche e strumenti differenti, anche se lungo un percorso strutturato.
Ogni business ha le proprie peculiarità, non a caso il growth hacker deve avere conoscenze ampie per cogliere i punti salienti di ogni impresa, piccola o grande che sia, e del prodotto/servizio che offre per cogliere su quali aspetti puntare di volta in volta. Insomma copiare, in questo caso, non serve a molto.
Allo stesso modo, parliamo di processi iterativi e che, in un certo senso, sono già ideati per fallire. Non nel senso che, ovviamente, si vuole che l’esperimento vada male, ma perché si parte già sapendo che ci sarà una lunga sequenza di ripetute prove finché non si trova la strada. Difficile che avvenga in tempi brevissimi. Anche per questo bisogna fare piccoli passi, reiterarli, spendendo poco budget per volta fino ad arrivare alla soluzione giusta. Per eseguirli nel modo giusto, è importante conoscere molto bene il proprio target e il mercato di riferimento.
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