
Credo che una delle domande più affascinanti da porsi sia quella di dove nasca la creatività. In realtà, come in tutte le questioni complesse, le risposte sono probabilmente più di una e intrecciate sottilmente fra loro a diversi livelli.
Per quanto riguarda l’aspetto neurologico e cerebrale, uno studio recente[1] prova ad aggiungere un importante tassello alla soluzione del quesito.
Già da anni articoli divulgativi sull’attività cerebrale ci hanno abituato a considerare l’emisfero sinistro come la sede delle decisioni razionali, del nostro cervello logico-analitico; quello destro sarebbe invece la dimora dei nostri aspetti più creativi e di una visione più globale-olistica.
In realtà, le cose sono molto più complesse di così. Alcuni neuroscienziati sono contrari a questa visione un po’ “tagliata con l’accetta”; essi sostengono che non vi siano sufficienti dati per dimostrare questa tesi, mentre verosimilmente la creatività è un’abilità che richiede competenze di entrambi gli emisferi.
Lo studio
In questa ricerca, svolta dal Creativity Research Lab della Drexel University, si è analizzata l’attività cerebrale di alcuni chitarristi jazz durante l’improvvisazione musicale. Essa è stata effettuata attraverso tecniche di imaging cerebrale e pubblicata sulla rivista Neuroimage,
I risultati mostrano come entrambi gli emisferi entrino in azione in maniera preponderante; le differenze sono legate al grado di esperienza dei musicisti nella particolare abilità dell’improvvisazione. A farla da padrone è sì l’emisfero destro, ma solo in quei casi in cui i musicisti siano relativamente inesperti. Al contrario, suonatori di lungo corso, nell’improvvisare si affidano maggiormente all’attività del loro emisfero sinistro.
La creatività: questione di emisfero destro o sinistro?
A cosa è dovuta questa differenza? Dai risultati sembra emergere come la capacità di improvvisazione artistica (che potremmo a buon diritto annoverare fra le caratteristiche della creatività) sia un’abilità della metà destra del cervello quando il suonatore è più inesperto. Si trasferisce invece all’altro emisfero con l’aumentare dell’esperienza.
In pratica, quando la creatività diventa una capacità basata su routine ben apprese che si automatizzano, è la metà sinistra del cervello la parte più adatta a espletare questo compito.
Infatti, è noto che l’esperienza ci permette di automatizzare a livello inconscio certi processi appresi in passato; un esempio tipico è guidare o andare in bicicletta. Tuttavia, questo avviene, evidentemente, non solo in situazioni più “standard”, bensì anche in contesti più innovativi.
Che si tratti di un compito banale o artistico, se si deve fare ricorso a basi ben apprese, è l’emisfero sinistro che racchiude le capacità dovute all’expertise e ad una ripetizione costante.
Questo significa che la creatività è un processo in qualche modo automatizzato nelle persone esperte; mentre è ancora in larga parte sotto un controllo cosciente nei meno esperti.
Infatti, quando tentiamo di controllare consapevolmente un processo automatico, tendiamo a rallentarlo, invece che a velocizzarlo e renderlo fluido. Provate ad immaginare di pensare coscientemente a tutte le azioni che dovete fare per guidare una volta che avete imparato da anni; questo vi crea più difficoltà che non lasciarvi andare nel solito flusso automatizzato.
Possiamo quindi dire che, anche nel caso della creatività, l’attività cerebrale si modifichi con l’esperienza.
Lo studio sulla creatività nel dettaglio
Il team di ricerca ha registrato elettroencefalogrammi (EEG) ad alta densità di 32 chitarristi jazz, alcuni dei quali con grande esperienza e altri meno esperti. Ogni musicista ha improvvisato sei partiture jazz (canzoni) con batteria programmata, accompagnamento di basso e piano. Le 192 improvvisazioni jazz registrate sono state successivamente sottoposte individualmente a quattro musicisti jazz esperti e ad insegnanti della materia. I giudici hanno poi emesso una valutazione su alcune competenze.
I ricercatori hanno infine confrontato gli elettrocefalogrammi registrati durante le performance più apprezzate con quelli rilevati durante le esecuzioni classificate come meno creative.
Risultati
Le performance meglio valutate, rispetto alle meno creative, erano correlate con una maggiore attività nelle aree posteriori dell’emisfero sinistro del cervello; al contrario, nelle esibizioni considerate meno positivamente, vi era una maggiore attività nelle aree dell’emisfero destro, principalmente frontali.
Se ci si fermasse a questi primi risultati, se ne potrebbe dedurre che le prestazioni altamente creative siano associate alle aree posteriori dell’emisfero sinistro. Le meno creative, invece, alle aree dell’emisfero destro. Tuttavia, non è la sola bravura in sé a fare la differenza. C’è un elemento che fa da mediatore e, cioè, l’esperienza del musicista, come si diceva.
L’analisi degli EEG messi a confronto con il livello di esperienza degli artisti mostra che l’area di maggiore attivazione è in dipendenza del tipo di creatività richiesta. Afferma Kounios, uno degli autori della ricerca: “se la creatività è definita in termini di qualità di un prodotto, come una canzone, invenzione, poesia o dipinto, allora l’emisfero sinistro gioca un ruolo chiave. Tuttavia, se la creatività è intesa come l’abilità di una persona di avere a che fare con situazioni non familiari e nuove, come nel caso di improvvisatori principianti, allora è l’emisfero destro a giocare il ruolo principale”.
Non solo, un altro elemento molto interessante è che la qualità dell’improvvisazione sembra essere correlata con l’esperienza di flow[2]. Anche maggiori livelli di flow, riportati dai musicisti dopo l’improvvisazione, erano correlati con una maggiore qualità percepita. Ciò coincide con i modelli teorici che sostengono che un individuo performi al massimo livello di arousal e abilità quando entra in uno stato di flow (McPherson and Limb, 2013)[3].
Controllo cognitivo e creatività
Durante l’esecuzione di un compito, normalmente il lobo frontale esercita un controllo cognitivo nel dirigere l’attività cerebrale associativa posteriore in accordo con la necessità contingente. Tuttavia, quando un compito è interiorizzato, le singole azioni che lo compongono tendono ad essere automatizzate.
In questo caso, si attivano maggiormente processi inconsci che portano a generare scelte e azioni appropriate con un minimo controllo razionale. Ciò riduce la necessità per gli esperti di contare pesantemente su processi esecutivi controllati, top-down.
Si sposta così l’attività alle regioni posteriori che immagazzinano le routine nella memoria a lungo termine. In altre parole, il controllo razionale può essere ridotto perché molti meccanismi sono già stati memorizzati e automatizzati.
In questo modo, chi è esperto di un compito, come nel caso dello studio, può limitare molto il carico cognitivo associato ad esso. Perciò, libera risorse che possono essere sfruttate per l’ideazione creativa, l’esecuzione, la valutazione della performance personale.
Se pure vi è un certo grado di controllo cosciente, a predominare in caso di alte performance sono i processi di tipo 1 (inconsci e automatizzati).
Infatti, durante un compito di improvvisazione (o di fronte ad un’attività nuova), è necessario non solo eseguire, ma contemporaneamente generare e valutare idee e azioni da realizzare; è evidente che questa attività cognitiva sottrae energie da quelle richieste per l’ideazione creativa. Per chi è poco esperto, si crea così una sorta di sovraccarico di controllo che va ad interferire con un’ottimale esecuzione del compito.
Nel caso specifico oggetto di studio, la combinazione di un compito sfidante di improvvisazione e le richieste tecniche del jazz generano un intenso carico cognitivo per i musicisti meno esperti. Di conseguenza, non riescono ad adattarsi abbastanza rapidamente per generare degli assolo con caratteristiche qualitative alte.
Questi risultati sono allineati con i modelli neurocognitivi che sostengono che l’emisfero sinistro sia utilizzato più per task familiari e comportamenti e processamenti abituali, indipendentemente dalla creatività o meno di questi. La migliore qualità dell’esecuzione si ha quando si riduce il sovraccarico cognitivo grazie ad alcune azioni automatizzate che richiedono meno attività cerebrale.
Cos’è veramente la creatività
Un’ultima importante considerazione viene sollevata da questi studi e cioè i substrati neurali e la definizione di creatività. Ignorando l’esperienza e guardando solo al risultato, performance che erano considerate più creative erano associate con un processamento dell’emisfero sinistro; il lavoro dell’emisfero destro era associato con performance meno creative.
In accordo con questa concettualizzazione, si considera l’emisfero sinistro giocare una ruolo speciale nella creatività. Tuttavia, bisogna valutare cosa si intenda per creatività e se, cioè , abbia a che fare con la qualità o con il processo. Se ci riferiamo non alla qualità dell’esito, ma al processo creativo., l’emisfero destro riguadagna spazio.
Se valutiamo i processi cognitivi che si attivano per fronteggiare situazioni poco familiari come indice di creatività, è l’emisfero destro che gioca un ruolo speciale nella cognizione creativa. In mancanza di esperienza, è lui che si adopera maggiormente.
Perciò, la neuroanatomia funzionale della creatività dipende da come sia definita la creatività; se in termini di prodotti creativi o di processi mentali che generano quei prodotti.
[1] https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S1053811920301191?token=83DE2A28C9BDB0064EE872EB84DD4BAB1C34B7B7139998EBE4FCABE350D2464A7D2FBAC69A9529FD925132580A81A08B
[2] Il concetto di flusso si rifà allo stato di coscienza in cui una persona è completamente immersa in un’attività. Fu introdotto per la prima volta dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi nella sua teoria del flusso. È una condizione caratterizzata da un totale coinvolgimento dell’individuo nello svolgimento di un compito.
[3] https://nyaspubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1111/nyas.12174
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