Earle Dickson e l’invenzione del cerotto

Storie di innovazione | 0 commenti

Con questo articolo, inauguro oggi una nuova sezione, chiamata “Storie di innovazione”. Conoscere tecniche, strumenti e teorie è essenziale, ma penso che nulla sia più coinvolgente e motivante di una bella storia che ci appassiona ed insegna, contemporaneamente. Racconti che, a guardare bene, dalle piccole invenzioni alle grandi, da quelle che migliorano il benessere a quelle che ingrossano, di molto, il portafoglio del loro inventore, hanno spesso alcune caratteristiche in comune.

In questo articolo parto da quella che può sembrare una piccola idea che, però, si è mostrata rivoluzionaria. Basti pensare al fatto che ancora oggi, dopo esattamente cento anni, se ne fa ancora ampio uso in ogni parte del mondo. E l’avanzamento medico ha permesso di riadattarla ad ogni specifica esigenza. Per non dimenticare le strategie di marketing che hanno saputo rilanciarla in un momento di riduzione delle vendite.

Insomma, tutto questo e altro ancora racchiude la storia del cerotto e del suo inventore, Earle Dickson. Che ci racconta anche uno dei grandi segreti delle innovazioni di successo: risolvere un problema.
Sembra banale, eppure ancora tanti aspiranti innovatori se ne dimenticano. Si innamorano della propria idea e non si curano di capire se interessi anche alle altre persone, se riesca a risolvere una loro esigenza. In questo caso (ma non capita sempre così, ecco perché servono indagini per comprendere se l’innovazione possa prendere piede o no) si parte da un problema personale che un astuto manager comprende essere il bisogno di molti.

Earle Dickson

Earle Dickson nasce a Grandview, una minuscola cittadina del Tennessee, nel 1892. All’età di 25 anni si sposa con Josephine Frances Knight. La donna, come d’uso a quei tempi, si occupa della casa, mentre lui si adopera diligentemente come impiegato della Johnson & Johnson, il famoso colosso statunitense produttore di farmaci, apparecchiature mediche e prodotti per la cura personale.

La povera Josephine viene descritta da alcuni come molto sbadata; forse, semplicemente, era soggetta a tutti quei microincidenti che affliggono tutt’oggi ancora molte donne (e troppi pochi uomini ;-)) che si occupano delle faccende familiari: bruciature, piccoli tagli ed altri incidenti quasi inevitabili per chi segua le mille faccende casalinghe.

La nascita del cerotto

Dickson prova ad aiutare la giovane moglie a curarsi le ferite come può, ma certo le grandi garze in uso al tempo e i nastri utilizzati per fermarle sopra la ferita non sono particolarmente pratici per incidenti poco gravi. Probabilmente, anche aiutato dall’ambiente in cui lavora, dove gli ausili sanitari sono il pane quotidiano, inizia a pensare a come potere trovare una soluzione più pratica.

Gli viene, così, un’idea: apporre piccoli pezzi di garza sterile, piegati in modo da realizzare un tampone spesso e stretto, al centro di alcune strisce di nastro chirurgico. Aggiungendo poi una fascia di crinolina – una stoffa piuttosto rigida, intessuta di crine, già adoperata per colletti militari – per evitare che il nastro si attacchi a se stesso. In questo modo, la moglie poteva posare la garza sopra alla ferita e tenerla ben attaccata grazie al cerotto adesivo.

Il lancio del cerotto: Band-Aid®

Il tutto avrebbe potuto terminare con un’acuta idea; forse, se fosse stato un meccanico o un elettricista, la cosa sarebbe finita lì. Ma ricordiamoci che il nostro inventore in erba lavorava presso un’azienda che produceva soluzioni medicali.
Così, gli capita di parlarne informalmente davanti alla macchinetta del caffè con un collega. No, non è vero, non era davanti alla macchinetta del caffè, ma avesse vissuto e lavorato in Italia sarebbe accaduto certamente lì 😉 Considerati i pessimi e lunghi caffè americani, probabilmente sarà successo durante una pausa pranzo davanti ad hamburger e patatine 😛

Dunque, dicevo, durante questa chiacchierata racconta della sua idea e il collega, fortunatamente, ha la buona intuizione di spingerlo a parlarne con la Direzione. A quei tempi, la Johnson & Johnson era già un famoso produttore di grandi bende di cotone e garza per ospedali e soldati. Ma Dickson non sembra farsi intimidire e ritiene che, effettivamente, può avere qualcosa di interessante da sottoporre ai suoi capi. Ne parla, quindi, con loro, i quali scelgono di provare a realizzarla.
Il 18 maggio del 1921 entra in commercio quello che oggi conosciamo come “cerotto”. Una piccola tela cerata, distribuita con il nome di Band-Aid®. 

L’aiuto del marketing

Tuttavia, il grande successo non fu immediato; d’altra parte, le prime versioni del cerotto erano disponibili in formati piuttosto grandi e, quindi, non perfettamente adatti allo scopo. Insomma, la Johnson & Johnson non sembrava avere per le mani un grande affare, ma evidentemente qualcuno aveva fiutato che il successo potesse risultare maggiore di quanto questi primi passi facessero presumere. E decise di inserire una buona idea di marketing, trovando quello che poteva essere un ottimo pubblico per il prodotto.

Immaginando che il loro target fossero le famiglie, particolarmente le madri, che si preoccupavano delle attenzioni e delle cure per i figli, pensarono di distribuire un numero illimitato di cerotti gratuiti alle truppe di boy scout in tutto il paese. Questi ragazzini erano la popolazione più adatta per avere bisogno di pronto soccorso per piccoli incidenti: sbucciature, tagli e altri inconvenienti potevano essere all’ordine del giorno in una compagnia che faceva dell’avventura il proprio centro.
L’idea si mostrò assolutamente vincente. Attraverso questi giovani l’uso si diffuse fino a diventare, nel tempo, il prodotto di massa che tutti conosciamo. Solo per dare un’idea, la produzione supera ad oggi ampiamente i cento miliardi di cerotti.
Ci furono anche gli eventi internazionali a dare loro una mano: nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, molte aziende dovettero convertirsi in macchine da lavoro per aiutare lo sforzo bellico. Questo accadde anche alla Johnson & Johnson che produsse bendaggi e cerotti per i soldati in milioni di esemplari, facendo purtroppo (non per l’azienda) conoscere questo prodotto ad ancora più persone. Con il ritorno a casa dei soldati, la reputazione e le vendite della Johnson & Johnson presso la popolazione generale aumentò.

Consapevoli della buona invenzione che il loro serio dipendente gli aveva messo fra le mani, ebbero la premura di fare avanzare Dickson fino alla vicepresidenza dell’azienda, riconoscendogli il merito dovuto. Dickson mantenne il suo ruolo fino al pensionamento nel 1957 e fu anche membro del consiglio di amministrazione fino alla sua morte, avvenuta nel 1961. Al momento del suo decesso, il fatturato della Johnson & Johnson, solo per i cerotti, ammontava a oltre $ 30.000.000 ogni anno.

L’infinito mondo del cerotto

Insomma, l’invenzione fu un successo. Semplice, a basso costo, ma efficace. Come dimostra anche il fatto che sia rimasta praticamente invariata per tutto questo tempo. Invariata nella sostanza, ma non uguale a se stessa.
Negli anni ’50, infatti, le vendite iniziarono a calare e la Johnson & Johnson corse ai ripari subito, iniziando a commercializzare alcuni cerotti decorativi con icone infantili, come Topolino e Superman.
Avevano appena allargato il loro pubblico scoprendo un nuovo target redditizio. E risolvevano il problema a tanti genitori che riuscivano, in questo modo, a far smettere i bimbi di piangere accettando più di buon grado di farsi medicare.

Non solo; negli anni si sono modificate le forme, le dimensioni e la struttura per poterle adattare alle diverse esigenze.  Ce n’è ormai un po’ per tutti i gusti (non solo quelli prodotti dalla Johnson & Johnson): alcuni  specifici per vesciche, altri cosmetici contro la disidratazione e le rughe, quelli per aiutare a smettere di fumare o contro le infiammazioni. Ora si stanno diffondendo addirittura i cerotti smart, che si attaccano sulla nostra pelle e ci consentono di rilevare diversi parametri fisici come la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, la glicemia e molto altro.
Insomma, chi più ne ha, più ne metta.

Gli insegnamenti da cogliere

Questa semplice storia ci aiuta a identificare alcuni aspetti essenziali nelle innovazioni. Vediamoli:

  • non sempre hanno a che fare con complesse tecnologie. Molte innovazioni vincenti e remunerative sono nate in modo semplice, contando su un’idea valida, più che su costose trasformazioni di prodotto;
  • se vuoi che la tua idea funzioni e abbia un pubblico vasto, non innamorartene, ma chiediti sempre quale problema risolve e per chi. Se lo risolve solo a te, non sarà molto utile né ti riempirà di soldi;
  • spesso l’innovazione non è qualcosa di totalmente nuovo, ma si basa su ciò che già esiste che va solo migliorato, adattato o rivisto per contesti differenti. La creatività diventa essenziale per vedere con nuovi occhi oggetti che siamo abituati a considerare fissi in dimensione, uso, scopo. Il pensiero laterale può fare la differenza;
  • “buttarsi” fa spesso parte del successo. Dickson avrebbe potuto, per modestia o vergogna, accontentarsi di avere aiutato Josephine. Ma ha colto al volo un’occasione (e ha avuto la fortuna di trovarsi in un’azienda dove il potenziale veniva riconosciuto). Se anche hai una grande idea, ma hai paura a crederci, diffonderla e mostrarti, non sarai utile né a te né agli altri;
  • Il marketing non è qualcosa di brutto e sporco; spesso è il modo che abbiamo per fare conoscere ciò che realizziamo. Quello che importa è l’uso corretto che ne facciamo. Non va usato per ingannare, ma per far conoscere e diffondere un buon prodotto/servizio.

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