
Immaginatevi un economista, un filosofo, un ingegnere seguace del metodo Toyota (TPS) e un monaco zen che discutono appassionatamente di innovazione. Ora prendeteli, shakerateli, ricomponeteli e tiratene fuori una persona sola: avrete ottenuto Otto Scharmer e la sua “Teoria U”[1].
Detta così, può far pensare subito ad un nuovo guru parascientifico e “venditore di fumo”.
Ma non stiamo parlando esattamente dell’ultimo arrivato, bensì di un docente della Sloan School of Management del MIT (Massachusetts Institute of Technology) – nientepopodimeno – e cofondatore del Presencing Institute[2]. Non solo: presiede il programma IDEE del MIT per l’innovazione intersettoriale ed è autore di numerosi libri. Non pago, ha collezionato anche premi e riconoscimenti prestigiosi sull’eccellenza nell’insegnamento e per il suo contributo al futuro del management.
Nei fatti, uno dei più innovativi studiosi internazionali di change management.
La visione dietro la teoria U
Messi quindi da parte i dubbi sulla sua serietà, possiamo iniziare a seguire il suo pensiero. Un sistema sviluppato in oltre venti anni di studi e utilizzato con successo da molte aziende e organizzazioni di diversi settori, in tutto il mondo, per affrontare i grandi cambiamenti ed essere preparati al futuro[3]. Quanto mai attuale, quindi.
Partiamo però da una premessa: La “Teoria U” di Scharmer ha un ampio respiro. Non si tratta, infatti, solo di un nuovo metodo per il change management, ma è anche una visione filosofica. L’obiettivo più ampio è quello di uno spostamento da un vecchio “ego-sistema”, incentrato esclusivamente sul benessere egoistico, a un “eco-sistema”, capace di occuparsi del benessere di tutti. Questo attraverso una nuova consapevolezza che, partendo dall’individuo, si propaghi ai gruppi, alle organizzazioni fino al mondo della politica e dell’economia.
Scharmer vede, infatti, il sistema in cui viviamo come uno stato in cui realizziamo risultati che non ci soddisfano, dove vi è uno iato fra economia finanziaria ed economia reale, crescita infinita e risorse finite e divergenze sempre più crescenti tra ricchi e poveri.
Un sistema malato, in pratica.
La visione è quella di cambiare direzione, affrontando ciò che lui chiama il punto cieco della leadership (altro nome con cui è conosciuta la sua teoria).
La teoria U
Quando un’organizzazione entra in crisi, la logica richiederebbe un cambio di passo e l’attivazione di strategie, azioni e processi differenti da quelli perseguiti precedentemente, che hanno portato al problema. Ma nelle aziende, spesso, non capita nulla di differente da quanto avviene anche nelle singole persone (lo dico da psicologa clinica): continuare ad attuare strategie fallimentari convinti che qualcosa cambierà.
Perché? Secondo il prof. Scharmer, perché spesso ci si ferma alla superficie visibile, cioè al prodotto e ai processi. Ma non alle motivazioni sottostanti (permettetemi: anche qui, niente di diverso da ciò che ci si ritrova in psicologia clinica).
Un po’ come quando (suo esempio) si ammira un quadro e si valuta il risultato o la tecnica utilizzata, ma non si indaga su ciò che ha spinto l’artista a dipingere un certo tema piuttosto che un altro, utilizzare una tecnica o una completamente differente.
Esiste, di fatto, un punto cieco nell’analisi della situazione del momento che la Teoria U vuole mettere in risalto, ribaltando il procedimento solitamente seguito: dal passato al futuro.
Una direzione che rischia di portare a qualcosa di molto simile a ciò da cui si deve uscire. È invece necessario lasciare andare il passato e dare la possibilità al futuro di affacciarsi attraverso di noi.
Come? Compiendo un viaggio al nostro interno con un percorso ad “U” (vedasi immagine più in basso). Si scende in verticale, liberandosi di vecchie modalità, idee rigide e incrostate, per risalire in superficie con qualcosa di veramente nuovo e libero da meccanismi consolidati e non più utili.
Un’analisi adatta per le organizzazioni, ma anche per gli individui. Che, di fatto, non rappresenta nulla di nuovo, ma ricicla creativamente – riorganizzandole in modo differente – idee prese dal passato. Dallo zen alla psicologia del profondo, dal problem solving strategico agli strumenti di creatività e qualità totale.
L’attenzione alla realtà circostante
Scharmer è convinto che l’energia derivi dall’attenzione. Secondo lui, il modo in cui un leader è attento alla realtà sociale intorno a lui è in grado di determinare una forza che porterà al cambiamento.
Per questo caratteristiche essenziale della leadership sono la focalizzazione sulla realtà emergente e un ascolto profondo, che permetta uno sviluppo della propria consapevolezza individuale.
Cosa succede, normalmente, in un’azienda in crisi? Avviene un’attività definita da Scharmer di “downloading”. Si scaricano, cioè, pensieri radicati, si prendono in considerazione solo nozioni in linea con quanto già crediamo e con le esperienze passate. Con l’illusione che partendo dal noto si possa arrivare al cambiamento.
Questa è la forma di ascolto abituale, superficiale, di semplice conferma delle proprie opinioni.
È invece prioritario passare ad un ascolto che sia aperto, curioso, attento a ciò che devia dalle consuetudini. Ma anche empatico e generativo, dove le idee sembrano nascere dal gruppo eliminando il confine tra sé e gli altri.
Il modello di guida aziendale non va visto secondo il vecchio sistema verticistico, ma come capacità di costruire insieme il futuro. Una leadership distribuita, quindi, che include tutti gli attori presenti nel campo sociale. Agita da un capo in grado di integrare le competenze specifiche con qualità profondamente umane per portare le organizzazioni nel domani.
Il leader deve essere orientato verso i cambiamenti, ascoltare e ascoltarsi, dare attenzione alle relazioni tra gli individui, i gruppi e i sistemi. Occorre dare considerazione al campo sociale; ognuno deve farsi custode dell’eco-sistema e favorire un profondo cambiamento collettivo.
Avere un capo di questo tipo sviluppa una cultura aperta e un orientamento al futuro attraverso creatività e intuizione.
Le caratteristiche del leader
Un leader del genere presenta alcune caratteristiche essenziali:
- consapevolezza di sé
- resilienza
- capacità di ascolto
- empatia
- leadership diffusa
- visione sistemica della realtà
- capacità di generare e guidare il cambiamento
- visione collettiva e collaborativa
- capacità di intervenire sulla cultura organizzativa
I blocchi alla fonte creativa
Poiché è essenziale avere accesso ad uno spazio intuitivo più profondo, bisogna innanzi tutto rimuovere alcune resistenze interne molto forti. Blocchi che non ci aiutano a connetterci con la nostra fonte creativa.
Quali? Prima di tutto, l’ignoranza, cioè la chiusura della mente e i pregiudizi; poi l’odio, cioè la chiusura del cuore, dove a prevalere è il “cinismo”; infine, la paura, cioè la chiusura della volontà, il timore di perdere ciò che abbiamo, di venire esclusi.
Sono tutti atteggiamenti che favoriscono confini, separazioni, disconnessione dall’ambiente circostante. Impediscono di cogliere le novità, minano la fiducia, distruggono le relazioni.
La nuova cultura che Scharmer auspica è quella del “presencing” che incoraggi in tutti gli attori del sistema sociale alla curiosità (apertura della mente), alla compassione (apertura del cuore) e al coraggio (apertura della volontà).
Leggendo queste riflessioni verrebbe da pensare che si tratti di utopie di un sognatore; eppure non solo i titoli parlano a favore di questo professore di origini tedesche, ma la sua applicazione pratica si rifà a tradizioni molto pragmatiche come l’action research e il learning by doing applicato ad esperienze concrete e di successo[4].
Il percorso ad U
Come fare, allora, concretamente? Bisogna scendere di livello, addentrarsi nella profondità e poi risalire in un percorso, appunto, ad U.
Come si vede da questa rappresentazione schematica vi sono 4 livelli da percorrere prima verso il fondo per poi risalire. Sono il livello della mente, del cuore, della volontà per raggiungere l’intuizione.

- Iniziando a scendere, il livello collegato alla MENTE APERTA, richiede di ascoltare: gli altri, se stessi, ciò che emerge dal gruppo. Perché l’ascolto sia efficace, è necessario creare uno spazio aperto di dialogo, senza preclusioni, in cui ciascuno possa portare il proprio contributo. È fondamentale osservare la realtà sempre con occhi nuovi evitando pregiudizi e modelli mentali passati. Solitamente, invece, noi tendiamo a confermare continuamente quello che sappiamo, invece di metterlo in discussione.
- Al secondo livello, quello del CUORE APERTO, bisogna osservare. Ciò implica sospendere il giudizio e accedere alla nostra intelligenza emotiva, sociale e sistemica, alla capacità di entrare in empatia con altri e con noi stessi e di vedere e sentire il mondo con gli occhi del nostro prossimo.
- Sentire è il passaggio legato ad una VOLONTÀ APERTA. Non è un processo individuale, ma da realizzare come gruppo per attivarsi in modo nuovo. Dopo avere visto ciò che prima ci era precluso, è poi necessario agire per fare emergere la nuova visione.
- Il livello più profondo ha a che fare con il presenziare. Significa collegarsi alla parte più intima di noi stessi, lasciando andare il già noto e facendo emergere il futuro dall’insieme del sistema. Per Scharmer è come se fosse il futuro a tirare fuori se stesso dal profondo dell’esperienza, attirandoci come una calamita;
- A questo punto, può iniziare la risalita e si può cominciare a cristallizzare quanto appreso. Un piccolo gruppo di persone chiave per l’organizzazione si impegna allo scopo e ai risultati di un progetto emerso. Si parla di cristallizzazione perché l’energia che si crea intorno a questo gruppo attrae le persone, le opportunità e le risorse proprio come nel processo minerale omonimo. Di fatto è il gruppo che traghetta tutti gli altri verso il futuro;
- È il momento di prototipare traducendo quanto appreso in applicazioni pratiche e con il learning by doing;
- L’ultimo pezzo comprende l’eseguire, cioè portare l’azione a livello macro. Si scelgono gli attori adatti, cioè coloro che saranno in prima linea nell’esecuzione, e si deve creare una unione multi-stakeholder per realizzare insieme il nuovo.
Come si può notare, si tratta di un approccio decisamente differente dal solito, che mette al centro la persona per realizzare un funzionamento empatico, a misura d’uomo. Unendo però il tutto a strumenti già collaudati.
Le persone
Secondo la “Teoria U” superare la crisi è possibile per ogni organizzazione a patto, però, che si parta sempre dalle persone. Spesso le aziende finiscono per allontanarsi troppo dai loro clienti ed è necessario ri-orientarle verso le persone. Perché sono loro che muovono il sistema.
La cornice di riferimento della teoria è composta da diversi strati: il livello micro costituito dalla persona, quello meso definito dal team, quello macro dall’azienda per finire con lo strato mundo, quello più esteso.
La prima fase del lavoro viene detta co-initiating e coinvolge 20/30 persone che rappresentano l’ecosistema azienda. Queste devono raccontare la propria biografia individuale e quella dell’azienda. La fase successiva è quella del co-percepire, co-sensing. Poi quella di co-presencing, dove ci si inizia ad ascoltare e a mettere a fuoco quello che si vuole cambiare. Infine si passa per il co-creating e il co-evolving.
In tal modo si aumenta il coinvolgimento e si superano le gerarchie per favorire la partecipazione attiva di tutti i livelli.
Ci vuole intuizione e creatività, ma bisogna lasciare loro spazio in modo organizzato e non caotico.
Quindi…
Un modo nuovo e insieme antico (considerato le teorie e le filosofie a cui fa riferimento) di risolvere i problemi e svilupparsi. Per dirla con le sue parole: “«Il presencing è la capacità di percepire e realizzare il tuo più alto potenziale futuro. Non si tratta di prevedere il futuro, si tratta di percepirlo e realizzarlo così come sta emergendo. Si tratta quindi di sentirlo con il cuore, cercarlo con la mano e trasformando noi stessi in un veicolo che sappia agire in quel dato campo, in quel preciso istante del presente”[5].
Tu sei pronto? 😉
[1] Per un approfondimento del metodo, della sua filosofia e delle applicazioni pratiche, si può leggere “Teoria U, ifondamentali” edito da Guerini Next.
[2] Secondo le parole dello stesso Scharmer, “presencing” è una parola che fonde “sensing” (intuire) con “presence” (presenza).
[3] Se vuoi approfondire, qui il suo sito ufficiae con tutte le informaizoni: https://www.ottoscharmer.com/
[4] Il Presencing Institute,centro internazionale sul cambiamento sociale e la leadership di cui è cofondatore, ha realizzato numerosi progetti legati al cambiamento sociale e alla leadership intersettoriale in 185 Paesi coinvolgendo più di 100.000 utenti. Fra i progetti, molti anche quelli legati ad aziende italiane. L’elenco completo lo trovi qui: http://www.ottoscharmer.com
[5] https://www.manageritalia.it/files/24016/dir9-2018-intervista-scharmer-teoria-u.pdf
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