I bias cognitivi che spingono a fidarti: priming e fluidità cognitiva

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I bias cognitivi che ci inducono a fidarci_priming e fluidità cognitiva

Nell’articolo precedente abbiamo parlato del “Sistema 1”, del “Sistema 2”, del loro funzionamento e abbiamo scoperto che tendiamo ad essere molto meno razionali (e consapevoli delle nostre scelte) di quanto non crediamo.

Da questa base possiamo partire per esplorare alcune delle nostre tendenze a semplificare per prendere decisioni più velocemente. Ma non sempre in modo accurato.

Conoscere come funziona – e si inganna – la nostra mente, è un buon punto di partenza per capire i nostri errori – evitandoli – così come la base di molte scelte.

Il meccanismo associativo

Buona parte del funzionamento del nostro cervello è di tipo associativo; in pratica, ogni idea  è  collegata  a molte altre. Vi possono essere svariati generi di connessioni: cause-effetti (caduta-rottura ossa), oggetti-proprietà (limone-giallo)  e categorie di appartenenza (cane-animale).

La memoria associativa non funziona con un unico collegamento ma, una volta innescatasi, prosegue ad evocare altre idee propagandosi. Lo stesso pensiero, cioè, evoca più concetti ed immagini, ciascuno dei quali ne richiama altri per associazione. Immagina il classico effetto del sasso nell’acqua che genera onde che vanno allargandosi mano a mano.

Tuttavia, solo alcune delle idee attivate vengono registrate  dalla  coscienza, mentre la maggior parte rimane sotto la soglia della consapevolezza.

Il priming

Tuttavia, l’effetto della capacità associativa non si esaurisce con pensieri che richiamano altri pensieri; le idee, infatti, possono provocare persino atteggiamenti ed azioni vere e proprie.

Ma partiamo dall’inizio.
Se ti ho appena indicato la parola “mangiare”, è più probabile che tu completi questo frammento “ZU_ _ A” con due P che con due F. Il contrario, se ti mostro la parola “pugno”.

Questo è il cosiddetto «effetto priming»; possiamo dire che l’idea di “mangiare” innesca (to prime, in inglese) l’idea di ZUPPA, mentre “pugno” quella di ZUFFA. Ovviamente, la prima parola non sensibilizza solo la seconda, ma anche molte altri concetti connessi al cibo. A loro volta, le nuove idee accese ne attivano altre, anche se, mano a mano, in maniera più debole (come i cerchi concentrici nell’acqua).

Come dicevo, però, l’effetto non vale solo sui concetti mentali, ma è molto più esteso e può arrivare ad incidere sui nostri comportamenti senza che ne siamo consapevoli.

L’effetto Florida

Vi sembra eccessivo? Guardate cosa successe in un famoso esperimento condotto dallo psicologo John Bargh e dai  suoi  collaboratori…Essi  dissero  a dei giovani volontari (18-22 anni) di svolgere un compito che consisteva nel riordinare una serie di cinque parole in modo da comporre una frase corretta di quattro. Metà di tali gruppi di parole conteneva termini associati con gli anziani (es: «smemorato», «calvo», «grigio», «ruga»). Successivamente al completamento dell’esercizio, i soggetti furono mandati in un ufficio in fondo al corridoio per svolgere un altro compito. A loro insaputa, il vero esperimento consisteva proprio in quel breve percorso a piedi. I ricercatori, di nascosto, calcolarono il tempo che i ragazzi impiegavano ad andare da una parte all’altra del corridoio. Come ipotizzato, chi aveva composto le frasi con parole legate all’anzianità camminò molto più lentamente degli altri.

Anche se la parola “vecchio” non compariva mai, le associazioni mentali con aggettivi e nomi collegati all’idea di anzianità aveva innescato comportamenti ad essa associati, come la lentezza della camminata. Tutto questo in maniera assolutamente inconsapevole, tanto che i soggetti dell’esperimento negarono sia di avere notato un tema comune fra le parole che avevano letto sia di avere potuto esserne influenzati.

Questo è un effetto di priming di tipo “ideomotorio”. L’associazione è a doppio senso, però. Anche partendo da un input legato al camminare più lentamente, si otteneva una maggiore facilità nel riconoscere parole legate alla vecchiaia.

Allo stesso modo, assumere espressioni sorridenti o accigliate mentre leggiamo delle storie, ci fa apparire il contenuto più o meno allegro e piacevole.

Le scelte sono determinate solo dal priming?

Ovviamente, l’effetto priming non si limita a parole e velocità di deambulazione, ma a praticamente qualsiasi aspetto della nostra vita.  Anche in questo caso, vediamo come il “Sistema 2”, che noi crediamo padrone delle nostre scelte, sia ben poco attento.

Questo, però, non significa che siamo altamente influenzabili in qualsiasi aspetto a nostra insaputa. Nel determinare le nostre effettive azioni e scelte, vi sono altre variabili che influiscono come la motivazione, i nostri obiettivi, desideri e bisogni. Per cui non è possibile spingerci a fare qualcosa che non rientri nelle nostre intenzioni. Non si possono indurre nelle persone scopi e obiettivi che non siano già presenti in loro, in pratica.

Tuttavia, si vede chiaramente come il nostro “Sistema 2” accetti le impressioni, sensazioni e intuizioni del “Sistema 1”, inconsce, trasformandole poi in atteggiamenti, convinzioni, su cui è certo di avere svolto un controllo cosciente.

Ah…se ti stai chiedendo perché “effetto Florida”, è semplicemente dovuto alla numerosa presenza di pensionati in questo Stato americano.

Ripetere è convincere

Uno degli effetti collegato al priming ha a che fare con la ripetizione degli stessi stimoli. Se vediamo qualcosa più volte, persino se lo stimolo è sotto soglia e non ne siamo consapevoli, tendiamo a giudicarlo più piacevole. Ad esempio, se si è osservato in foto il viso di qualcuno, lo giudicheremo più attraente la seconda volta che lo guardiamo, anche quando non ci ricordiamo di averlo già visto. Questo “effetto esposizione” influenza la nostra interpretazione delle cose, incidendo su cosa ci piace e cosa no.

Non a caso, viene usato in differenti ambiti: nel marketing, nella creazione di un marchio così come nel personal branding. Ma anche nel cercare di guidare la nostra visione del mondo, come capita quando siamo ripetutamente esposti ad un messaggio sempre uguale da parte delle nostre fonti di informazione.

Più gli stimoli usati nel priming sono evocativi, legate in modo forte ad altri concetti, emozioni, immagini e pensieri, più l’effetto è forte.

Pro e contro dell’effetto priming

Considerati gli effetti importanti che il priming può avere, non stupisce che esso sia stato ampiamente sfruttato nel marketing, in politica o in diversi altri campi. Ovviamente, se sei in uno di questi settori, può tornarti utile conoscere come funziona la nostra mente per diffondere un’immagine più positiva del tuo (personal) brand.

Lo svantaggio è, naturalmente, quando siamo i destinatari di tali messaggi; non ci piace essere manipolati o condizionati in modo inconsapevole.
Ma conoscere come funzioniamo può essere un primo passo per fermarsi a riflettere, quando prendiamo decisioni e forniamo valutazioni, per capire quanto siamo stati indotti a pensare certe cose.

I social, ad esempio, stimolano continuamente l’effetto priming; analizzando ciò che ci piace, ci ripetono gli stessi stimoli e ne portano altri collegati. In questo modo, continuiamo ad approfondire sempre più una serie di temi e di visioni fortemente correlate e riduciamo in continuazione il nostro senso critico. Più ci piace, più lo vediamo; più lo vediamo, più ci piace.

Mettere in dubbio le visioni che diamo per scontate, provare a leggere sempre da fonti (sufficientemente attendibili!) anche pensieri differenti, cioè visioni dello stesso tema da un punto di vista diverso, può aiutare a crearci una nostra idea più critica e meno influenzabile dal numero di ripetizioni dello stimolo e dalle associazioni automatiche che ci attiva.

Fluidità cognitiva

Abbiamo visto in un articolo precedente che il “Sistema 1” monitora continuamente la situazione intorno a noi per accertarsi che tutto sia a posto, non vi siano minacce o elementi fuori dal normale che richiedano la nostra attenzione. Se così fosse, attiverebbe subito il “Sistema 2” per analizzare e risolvere il problema.

È come se il “Sistema 1” avesse una check list e controllasse che ogni cosa proceda per il verso giusto e tutti i parametri siano nella regola.
Quando tutto fila liscio, non vi sono minacce né sorprese; si è nel cosiddetto stato di «fluidità cognitiva» e la lettura delle situazioni è facile. Se inizia a farsi complessa, è ora di mobilitare il “Sistema 2”. In questo caso, si può parlare di «tensione cognitiva».

La sensazione di fluidità è influenzata da diverse variabili, alcune più comprensibili, altre un po’ meno: esperienza ripetuta, caratteri chiari (negli elementi scritti), idea sottoposta a priming, buon umore, sensazione di familiarità, sensazione di verità, sensazione di positività, sensazione di mancanza di sforzo.

Quando tutto scorre serenamente, siamo anche più probabilmente di buon umore, ben disposti verso ciò che vediamo ed udiamo, ci fidiamo delle nostre intuizioni, pensiamo in modo più informale e superficiale. Al contrario, sotto tensione tendiamo a essere vigili e diffidenti, commettiamo meno errori, ma siamo anche meno intuitivi e meno creativi.

Mi fido perché ricordo

Proprio per questo motivo, ciò che abbiamo già visto tende ad ispirarci maggiore fiducia; infatti, ci risulta familiare, quindi ci richiede meno sforzo mentale. C’è una scorrevolezza che al nostro cervello piace e a cui attribuisce un senso di fiducia.

Questo è vero persino quando non ci accorgiamo di stare riconoscendo qualcosa. Se sottoponiamo le persone a stimoli subliminali, ad esempio un volto, queste tendono a dare un giudizio più positivo a quello stimolo rispetto ad altri sconosciuti.

Ricordo, quindi è vero

Quindi, se uno stimolo mi è già stato mostrato, lo riconosco con più facilità, ho perciò fluidità cognitiva e lo trovo più positivo. Ma ciò che ho già notato, non solo mi ispira più fiducia, ma mi sembra anche più vero.
Non a caso, un modo comprovato di indurre le persone a credere a cose false è la frequente ripetizione, perché la familiarità per gli esseri umani non è ben distinta dalla sensazione di verità.

Credo non sia difficile a nessuno di noi ricordare settori in cui la reiterazione continua e martellante di alcuni concetti viene usata per convincere le persone di qualcosa, persino quando non sia assolutamente vera o sostenuta da alcun dato. Allo stesso modo, non è complesso immaginare come questo possa distorcere il nostro giudizio e sia un elemento a cui fare attenzione.

Insomma, sempre a causa della pigrizia del nostro “Sistema 2”, che vuole essere chiamato in causa il meno possibile, ciò che risulta semplice, facile e non ci obbliga ad elaborazioni ulteriori, ci piace e lo riteniamo affidabile.
Così nasce la nostra fiducia in messaggi già letti e ripetuti, così come la convinzione che essi siano veri. E un volto già noto (anche se non conosciamo la persona) ci rassicura di più di uno mai visto.

Capirai che questi criteri non sempre ci aiutano a distinguere le situazioni migliori e più vere.

Siamo in balìa dei nostri bias?

Ovviamente, non siamo sempre dei creduloni; se siamo motivati, possiamo riconoscere alcuni meccanismi superficiali che ci creano un’illusione di verità: ma spesso, la pigrizia del “Sistema 2” ha il sopravvento e ci lascia in balìa della superficialità e velocità del “Sistema 1”.
Quando, invece, la situazione non è fluida, immediata e facile, si attiva il “Sistema 2” che porta anche ad una riduzione degli errori cognitivi.

Quindi, quando devi fare scelte importanti e che possono avere conseguenze sulla tua vita e sul tuo lavoro, ricordati di cercare più fonti di informazioni, rammenta che tendi ad essere più propenso (in modo poco oggettivo) verso ciò che già conosci o che ti è stato ripetuto. E che le decisioni non vanno prese in momenti di eccessiva rilassatezza, bisboccia e allegria, perché in questi casi il nostro “Sistema 2” tende ad essere molto più addormentato. Uno spiccato senso critico non fa rima con buonumore (vedi più sotto) 😉

Non fidarti dei nomi troppo facili

La fluidità cognitiva avviene anche quando una parola è facile da pronunciare. Se ti do il nome di due prodotti o aziende e uno dei due è complesso da dire, è sicuro che ti fiderai maggiormente (indipendentemente da quanto ne sarai consapevole) di quello con il nome più semplice, cioè chiaro, che induce in te fluidità cognitiva. Questo effetto svanirà nel tempo, se avrai la possibilità di sentire diverse volte il nome meno pronunciabile. A quel punto, ad incidere sulla fluidità cognitiva sarà la ripetizione, che te lo renderà familiare.

È l’effetto esposizione ed è indipendente dalla consapevolezza del processo. Si verifica anche con stimoli subliminali. Nonostante non arrivino a coscienza, le persone finiscono per preferire i termini o le immagini comparsi più spesso.

È, presumibilmente, un aspetto legato all’evoluzione della specie. La legge della sopravvivenza ci richiede di essere diffidenti verso stimoli nuovi, che non conosciamo. Tuttavia, una volta che essi diventano noti, è sensato non averne più paura se hanno mostrato di non essere pericolosi.

Ma non siamo nella giungla e là fuori molte persone useranno i nostri bias per convincerci.

Umore e intuizione

Leggendo queste righe si potrebbe avere il terrore che la nostra vita sia governata dal caos e da percezioni bislacche. In realtà, le nostre intuizioni sono molto più esatte di quello che sarebbero per puro caso. La capacità di ragionare per associazioni ci può portare ad ingannarci sull’affidabilità e la verità, ma è anche vero che ci permette di riconoscere elementi collegati fra loro molto velocemente e ci mostra immediatamente aspetti altrimenti complessi da cogliere.

Inoltre, se è vero che la fluidità cognitiva ci fa avere più fiducia e migliora l’umore, è anche vero che un buon umore aumenta la nostra capacità intuitiva (rendendoci più rapide, evidentemente, alcune connessioni). Inutile dirlo, l’infelicità ci rende meno intuitivi. D’altra parte, la serenità “fa rima” con “Sistema 1”, più istintivo e associativo. La tensione cognitiva, la non fluidità, con “Sistema 2”, più logico e razionale  e meno immediato.  

Possiamo quindi vedere queste correlazioni: buon umore, intuizione, creatività, credulità e maggiore appoggio sul “Sistema 1” vanno insieme.
Al contrario: tristezza, vigilanza, sospetto, metodo analitico e forte impegno mentale si trovano in stretta compagnia.

Il buon umore allenta il controllo del “Sistema 2”: quando siamo allegri, diventiamo più intuitivi e creativi, ma anche meno vigili e più soggetti a errori logici.

In conclusione

Oggi abbiamo esplorato due bias cognitivi molto legati fra loro: priming e fluidità cognitiva.

Naturalmente, a seconda del lato in cui ti trovi nel versante innovazione (creatore o fruitore) queste informazioni possono tornarti utili per agganciare più facilmente le persone, fare loro avere più fiducia nel tuo prodotto/servizio o lavorare al tuo nome per renderlo più scorrevole possibile. Insomma, ciò che ha a che fare col tuo brand deve essere massimamente fluido e riconoscibile.

Se, invece, vuoi difenderti da informazioni che potrebbero essere non del tutto veritiere, ricordati di attivare il tuo “Sistema 2” e allontanati dalla modalità “risparmio energetico”. Controlla quanto la ripetizione, la chiarezza del messaggio, lo stato di eccessivo buonumore possono influire sulle tue decisioni, dando fiducia a qualcosa solo perché già conosciuto, più che perché necessariamente vero. O perché scorre bene, senza intoppi.

E non pensare mai di essere superiore agli inganni della tua mente. Madre Natura ci ha creati così perché ci dà molti vantaggi evolutivi, ma qualche volta può indurci in errore.

E se hai dei dubbi su quello che ti ho scritto…rileggi più volte l’articolo: più lo farai, più ti assicuro che te ne convincerai 😉

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