I bias cognitivi che determinano i nostri giudizi

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59_I bias cognitivi che determinano i nostri giudizi

Se c’è una cosa profondamente umana è la tendenza a formarsi e a dare giudizi. Ci guardiamo intorno, cerchiamo di capire cosa succede, come funziona il mondo e poi traiamo conclusioni. A volte giuste, a volte meno.
Riguardo a questo, la nostra mente può lavorare su aspetti molto profondi e non ci sono quasi limiti al numero di domande a cui possiamo potenzialmente rispondere.

Abbiamo già visto in questo articolo come funzioni il nostro cervello davanti a problemi di facile o difficile soluzione. Di fronte a dubbi, è il “Sistema 2” che si attiva, dirigendo l’attenzione agli elementi giusti e frugando nella memoria per accedere alle risposte.
Al contrario, il “Sistema 1” è molto più rapido e superficiale e fa delle stime generiche, senza particolare attenzione ai dettagli.

Il giudizio intuitivo

Quello del “Sistema 1” è un giudizio intuitivo, che non va in profondità, ma cerca di rispondere velocemente. Come fa a mettere insieme queste valutazioni? Si basa su alcuni presupposti:

  • Fa delle sostituzioni: poiché un giudizio approfondito gli richiederebbe analisi troppo accurate per i suoi gusti, ne usa uno più semplice, modificando i termini della questione in modo da avere risposte “prêt-à-porter”. È esattamente ciò che sta all’origine delle euristiche, quegli escamotage mentali che usiamo per trovare soluzioni in modo rapido che, a  loro volta, sono alla base dei bias;
  • Traspone valori da una dimensione all’altra, secondo un “matching di intensità”. Ad esempio, se io ti chiedessi, parlando di una persona che conosci: “Se Giulio fosse tanto pesante quanto è intelligente, quanto peserebbe?”, sono certa che potresti rispondermi. E anche dare una soluzione numerica ad un quesito del genere per qualunque tuo amico;
  • Mentre il “Sistema 2” è impegnato a fare le sue analisi, il “Sistema 1” attiva dei calcoli in modo automatico attraverso delle valutazioni di base. È quello che Kahneman indica come “schioppo mentale”.             

Ma vediamo questi tre aspetti più nel dettaglio.

La sostituzione

Come abbiamo già visto, il “Sistema 1” monitora l’ambiente circostante per valutare se tutto sia nella norma o se vi siano pericoli, stranezze, aspetti inattesi per cui risvegliare il “Sistema 2”. È qualcosa di istintivo, che ereditiamo dalla specie per garantire una maggiore probabilità di sopravvivenza. Poiché le decisioni veloci, dall’origine della specie umana, quando i pericoli esterni erano maggiori e più minacciosi, potevano fare la differenza fra sopravvivenza o morte, abbiamo imparato ad usarli in maniera automatica.

Ancora il Lombroso?!?

Il loro obiettivo è minimizzare il rischio, non dare valutazioni perfette. Così, può capitare, come il ricercatore Alexander Todorov ha scoperto, che abbiamo dei sistemi per decidere rapidamente sulla pericolosità o meno di un individuo e della nostra interazione con lui. Non proprio scientifici, a dire il vero.              
Quando guardiamo in faccia un estraneo, infatti, riusciamo a valutare due elementi cruciali: quanto sia dominante (e quindi potenzialmente minaccioso) e quanto sia degno di fiducia.

Forse il Lombroso non si stupirebbe, ma pare che sia la forma del viso ad indicarci se sia dominante (ad esempio, se ha un mento forte e quadrato); così come la sua espressione ci indica se abbia buone o cattive intenzioni. Attenzione: ci dà delle indicazioni che noi prendiamo per buone, ma non vuole assolutamente dire che siano esatte!  
Per quanto il sistema sia a dir poco grossolano e imperfetto, è quello che ci porge delle soluzioni veloci e a noi, il più delle volte, basta.

Quella faccia mi ispira

Il meccanismo è talmente radicato ed istintivo che influisce persino nelle persone che votiamo. In un esperimento, Todorov chiese ai suoi studenti di valutare alcune qualità, come simpatia e competenza, di persone i cui volti venivano mostrati solo per un decimo di secondo.
In circa il 70 per cento delle votazioni per l’elezione a senatore deputato e governatore, il vincitore risultò essere il candidato la cui faccia aveva registrato il più alto giudizio di competenza tra gli studenti (che predicevano i risultati elettorali molto più delle stime della simpatia).

Ma come avevano valutato la dimensione della competenza? Pare che questa analisi utilizzi due dimensioni: la forza e l’affidabilità. I volti che vengono considerati di persone competenti spesso hanno il mento forte e un lieve sorriso che trasmette sicurezza di sé.

Certo, non proprio rassicurante in merito alla nostra capacità di scegliere il candidato migliore! Infatti – lo dico ancora a scanso di equivoci – non esiste alcuna reale e comprovata connessione fra alcune caratteristiche fisiche e le capacità di una persona.

“Sistema 1” e disinformazione

Quindi, siamo tutti soggetti a questo bias e votiamo solo sulla base di aspetti fisici? No. Gli studi mostrarono che più un elettore è disinformato e guarda molta televisione (oggi potremmo certamente aggiungere anche il mondo web), quanto più è probabile che la superficialità del “Sistema 1” incida sulle sue scelte. L’effetto dell’euristica del giudizio è tre volte più alto in queste persone che negli altri.

Come sempre, il “Sistema 1” incombe dove il 2 lascia perdere per pigrizia.

Il matching d’intensità

Abbiamo visto che la nostra mente è naturalmente portata a trasporre dei valori da una dimensione all’altra. Se vi chiedo di indicare con il colore la gustosità di alcuni piatti, certamente indicherete il riso in bianco con un colore più tenue e chiaro rispetto ad una torta di triplo cioccolato. O sbaglio? 😉

Questo tipo di connessione può essere fatto con praticamente tutti gli aspetti. E, come scopriremo, ha un suo ruolo nell’influenzare le nostre valutazioni.

Lo schioppo mentale

Quando dobbiamo svolgere dei calcoli, finiamo per farne di più di quelli necessari, almeno attraverso il “Sistema 1”. Kahneman chiama questo eccesso di computazione “schioppo mentale”. Perché – spiega – è come cercare di mirare un solo punto con uno schioppo; la rosa di pallini andrà in tutte le direzioni. Esattamente come il “Sistema 1” farà più di quanto gli sia richiesto.

Un esempio è un esperimento in cui ai soggetti fu chiesto di ascoltare coppie di parole e di premere un tasto il più in fretta possibile tutte le volte che si accorgevano che facevano rima.  L’esperimento originario è in inglese; in questa lingua, queste due coppie fanno rima, anche se solo nel primo caso le ultime lettere sono uguali fra loro (in italiano non sarebbe ovviamente possibile).

Vote (voto) – Note (nota)

Vote (voto) – Goat (capra)

Bene, nonostante questa possibilità della lingua inglese, il solo fatto di sapere che sono scritte in maniera diversa (persino se i partecipanti non le vedevano, ma le udivano soltanto) portava ad un riconoscimento della rima più lento nel secondo caso rispetto al primo.

Il loro “Sistema 1” non aderiva alle indicazioni di valutare solo i suoni, ma tendeva a confrontare anche la grafia, creando un ostacolo nell’individuazione veloce della risposta giusta.

I tre sistemi in azione nella risposta ai quesiti

Dunque, quando ci vengono poste delle domande che implicano dei giudizi possiamo scegliere la strada più corretta: andare a fondo del problema, cercare di capire quali siano altri aspetti importanti che dovremmo conoscere per rispondere accuratamente, cercare questi dati, confrontarli, fare una sintesi e dare il nostro giudizio. Ma quante volte facciamo così? Molto, molto raramente. Usiamo, invece, metodi più rapidi per essere sempre pronti ad esprimere un’opinione.

Così ci troviamo a dare risposte a domande che non capiamo del tutto sulla base di dati che non abbiamo cercato o non sappiamo spiegare.
Certo, è veloce. Ma non proprio preciso.

Una risposta per un’altra

Quando il “Sistema 1” non trova subito la risposta alla domanda espressa, fa un’operazione semplice; sostituisce la domanda con una apparentemente simile, ma a cui è molto più facile rispondere.
Questo capita, ad esempio, se ci viene chiesto di giudicare una probabilità o di fronte a quesiti che richiedono analisi complesse per valutare tutti gli aspetti che potrebbero incidere sul risultato.

Mettiamo che ti chieda quanto tu sia soddisfatto della tua vita in questo momento. Se volessi dare un risposta veramente completa, dovresti innanzitutto chiederti cosa rappresenti, per te, la soddisfazione, Di quante componenti sia fatta; che punteggio attribuiresti a ciascuna; che peso abbia ogni componente sul totale. Infine, dovresti calcolare una sorta di media pesata per dare una risposta che si avvicini al vero. 
Ma tu cosa farai, invece? Semplice, ti chiederai di che umore sei in questo momento (o, al massimo, negli ultimi giorni) e darai una risposta veloce.

Allo stesso modo, se ti chiedo in linea ipotetica quanto saresti disposto a donare per ridurre la distruzione della foresta amazzonica, non ti metteresti a fare un calcolo preciso delle tue entrate, delle spese, dei risparmi che hai, di quanto puoi permetterti in percentuale, dando anche un voto all’importanza che ha per te questo tema, magari correlato anche ad altri che potrebbero incidere. Probabilmente, fai un calcolo veloce di quanto ti fa soffrire l’immagine di alberi abbattuti e dici una cifra senza tante ulteriori considerazioni.
E così per moltissimi altri quesiti che richiedano approfondimenti su diversi aspetti.

Un eccesso di associazioni

Lo “schioppo mentale” ci mette il suo zampino per rendere più semplice fornire una risposta, facendoci venire in mente associazioni al quesito che potremo prendere come punto di riferimento per rispondere: il tuo umore al posto del senso generale di soddisfazione, o la sofferenza nel vedere alberi distrutti piuttosto che un calcolo ragionato delle tue possibilità e dell’importanza che ha il tema per te.

Una domanda vale l’altra

La sostituzione, farà poi il resto, rendendo semplice rispondere alla seconda domanda invece che alla prima.
In più, ci sarà anche l’effetto del “matching d’intensità”. Il mio umore può essere calcolato su una scala d’intensità che verrà poi trasposta in un numero più o meno alto per indicare la mia soddisfazione (o in un giudizio qualitativo come poco, molto, moltissimo).

Se devo dire quanto sono disposta a donare, in linea teorica, devo abbinare la mia sofferenza ad una quantità di denaro: facile, basandomi sulla trasposizione di intensità da un ambito all’altro.

Il libero arbitrio del “Sistema 2”

Quanto abbiamo visto è il modo di agire del ”Sistema 1”. Naturalmente, il “Sistema 2” può bloccare tutto e iniziare ad analizzare la situazione in modo approfondito. Ma il più delle volte non lo fa.
Richiederebbe tempo, fatica, energia che riserviamo solo alle situazioni veramente importanti o che abbiamo più a cuore. Quando va bene…

Così, non solo diamo spesso giudizi poco accurati, ma la velocità con cui ci viene in mente la risposta ci fa anche credere che sia vera (ricordi la fluidità cognitiva?)

Euristica dell’umore

Sulle nostre opinioni incide poi un’altra dimensione importante: il nostro stato d’animo.

In un esperimento in cui si facevano queste due domande di seguito a degli studenti:

  • Quanto sei felice, in questo periodo?
  • Quanti appuntamenti amorosi hai avuto il mese scorso?

si vide che non vi era correlazione fra le due risposte. Evidentemente, uscire con una ragazza non veniva correlata con la loro felicità. Tuttavia, se messe nell’ordine inverso, i risultati cambiavano completamente. In quella sequenza, la correlazione tra il numero di appuntamenti amorosi e la felicità percepita era altissima. Perché?

Perché interveniva la sostituzione.

Probabilmente, uscire con una ragazza non rappresentava il centro del senso della vita di quegli studenti. Quindi, quando gli si poneva il primo quesito, non andavano a pensare alla loro vita sentimentale. Tuttavia, se li si faceva riflettere prima su questa, ciò suscitava un’emozione, positiva o negativa a seconda del proprio successo in amore.
Quando subentrava la seconda domanda, la mente degli studenti prendeva al volo una risposta facile che aveva a disposizione e che era appena stata sollecitata. Grazie alla sostituzione, cambiava la domanda più complessa con una molto più semplice e rispondeva a quella, senza saperlo. Forse, anche influenzati dall’effetto priming.

Lo stesso effetto si notava mettendo in connessione anche altri temi (le relazioni familiari, lo stato delle finanze, ecc.) grazie alla posizione delle domande. Qualsiasi quesito alteri lo stato emozionale, crea questo effetto. E lo stato mentale del momento presente ha un’enorme importanza quando le persone valutano la propria felicità.

Euristica dell’affetto

Non solo l’umore, ma anche l’affetto incide sui giudizi.

Le credenze delle persone, infatti, sono influenzate da simpatie  e  antipatie.
Questo è molto evidente in politica. Se sei a favore di una certa forma di intervento (ad esempio, sanità pubblica o sanità privata) considererai diversamente i benefici e i rischi di quella scelta politica.
In pratica, sarai convinto che i suoi benefici siano sostanziali e che i suoi costi siano più gestibili di quelli delle politiche alternative.

Le nostre emozioni associate ad argomenti di ogni genere, dal cibo non trattato all’energia nucleare, dal cambiamento climatico a qualsiasi aspetto attivi i tuoi stati affettivi, guideranno anche ciò che sei disposto a credere su vantaggi e svantaggi di questi aspetti.
Se odiamo qualcosa, crediamo che i suoi rischi siano ben più alti dei benefici. E viceversa.
E, sia chiaro, nella stragrande maggioranza dei casi senza avere fatto alcuna analisi dei dati in proposito.

Per fortuna le nostre emozioni e, conseguentemente, il nostro atteggiamento mentale sono suscettibili di cambiamento (anche se non stravolgimento) quando le informazioni ci mostrano che i rischi di ciò che non ci piace sono meno elevati di quanto pensassimo o i benefici di ciò che amiamo meno evidenti di quanto volessimo credere.
Non solo, i due aspetti sono correlati, per cui cambiamenti nel modo di vedere l’uno incidono anche sull’altro. In pratica, se scopro che i rischi di qualcosa sono oggettivamente inferiori a quanto ritenessi, tendo a pensare che anche i benefici siano migliori. Anche se, in realtà, le due cose non sono necessariamente correlate (qualcosa potrebbe anche non fare tanto male, ma non per questo vuol dire che faccia bene).

Conclusioni

Ancora una volta, scopriamo che la nostra capacità di valutare le situazioni è facilmente influenzabile da aspetti che nulla hanno a che fare con l’oggettività dei dati.
Umore, affetti, sostituzioni, collegamenti di intensità, accesso a più informazioni del necessario mescolano le carte e creano giudizi non sempre adeguati.

Volendo fare attenzione, è chiaro che dobbiamo conoscere questi meccanismi per evitare il più possibile di incapparci quando le scelte da fare sono importanti.

Alcune delle armi più importanti che abbiamo a nostra disposizione sono il giudizio critico, l’analisi dei dati e di tutto ciò che può influire in misura determinante sulla valutazione. In modo da basare su essi la nostra considerazione lucida e attenta col “Sistema 2”.
E, non mi stanco di dirlo, preoccuparci di trarre informazioni da fonti serie, verificate, possibilmente varie. È l’unico modo per non farci troppo influenzare solo dalle emozioni e per evitare che qualche interessato si approfitti della nostra tendenza a credere a ciò che sentiamo ripetere più spesso, magari da un unico punto di osservazione.

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