
Dopo aver visto, nei precedenti articoli, l’importanza dell’intelligenza emotiva sul lavoro, le qualità personali di cui è composta (qui e qui) e l’empatia, ora scopriamo l’ultima delle competenze, cioè le abilità sociali in senso più stretto.
Come vedete in figura, esse sono suddivise in più capacità:
- Influenza
- Comunicazione
- Leadership
- Catalisi del cambiamento
- Gestione del conflitto
- Costruzione di legami
- Collaborazione e cooperazione
- Lavoro in team

In questo articolo mi occupo di quelle abilità connesse più alla capacità di influenza e comunicazione. Le altre le tratterò in un prossimo scritto.
Persuadere gli altri
L’arte dell’influenza implica la capacità di guidare efficacemente le emozioni altrui.
Tutti noi ci trasmettiamo gli stati d’animo con facilità perché sono segnali potenzialmente vitali per la sopravvivenza, come ho già spiegato. Essi ci informano su che cosa concentrarci per essere pronti ad agire e lo fanno trasmettendo informazioni essenziali senza verbalizzarne i dati.
Mentre questo sistema di allerta è stato, presumibilmente, molto utile presso gli uomini primitivi, oggi lo stesso meccanismo rischia di farci perdere di efficacia, essendo cambiato il mondo. Infatti, qualsiasi informazione che ci procura ansia, tende a generare in chi ci sta vicino uno stato emotivo simile al proprio, trasmettendo così un messaggio di allerta. Non sempre giustificato.
Le emozioni sono un sistema di segnalazione molto potente, in quanto nate prima dell’uso della parola. Per questo riescono a farne a meno per trasmettere facilmente dati importanti. Ci sintonizzano su chi ci sta intorno, aiutandoci a interagire in modo più fluido ed efficace.
Le emozioni in azienda
Possiamo definire l’equilibrio emotivo come la somma di tutti gli scambi di sentimenti che avvengono fra le persone in un sistema.
Se propende verso il lato positivo, può produrre grandi benefici per un’azienda. Infatti, gli stati d’animo hanno una forte capacità di propagarsi, come dimostrato in diversi esperimenti con misure obiettive.
La diffusione di sentimenti positivi potenzia la cooperazione, la lealtà, la collaborazione e la prestazione complessiva del gruppo. In fondo, è esperienza comune l’energia che riusciamo a tirare fuori quando stiamo bene in un ambiente di lavoro o, al contrario, la difficoltà a performare in un’organizzazione pervasa da ostilità, ansia e rabbia.
Poiché nel mondo professionale gli elementi emotivi sono sempre presenti e hanno un ruolo essenziale, la capacità di navigare nelle correnti affettive sotterranee, senza farci trascinarci a fondo, si rivela essere una competenza estremamente utile.
Tutti noi trasmettiamo e riceviamo emozioni che hanno conseguenze in una direzione o nell’altra.
Esprimere liberamente sentimenti tossici sul lavoro è fortemente deleterio. Non a caso, gli individui più efficaci in un team le evitano. Al contrario, percepiscono gli stati d’animo e le reazioni altrui, regolando le proprie in modo da spingere l’interazione nella direzione migliore.
Il circuito emotivo
Sappiamo che l’amigdala sovrintende al centro che percepisce le emozioni e il loro valore affettivo. Nella loro propagazione, sono coinvolte anche le aree basali (compreso il tronco cerebrale) che regolano le funzioni automatiche riflesse. Queste zone sono importanti perché permettono di ricreare in un individuo lo stato fisiologico dell’altro, dando vita quindi a questo contagio emotivo.
Tale circuito è implicato anche quando ci facciamo appassionare da un discorso coinvolgente; in questo caso, l’utilizzo di espressioni facciali, toni di voce, gesti e movimenti del corpo – cioè il comportamento non verbale – trasmette potentemente emozioni. Chi ha la capacità di usare queste abilità, ha più facilità a commuovere, ispirare gli altri e a catturarne l’immaginazione.
Le abilità sociali che permettono di guidare le emozioni degli altri, includono:
- Influenza: la capacità di persuadere
- Comunicazione: sapere inviare messaggi chiari e convincenti
- Leadership: ispirare e guidare gli altri
- Catalizzazione del cambiamento: promuovere e/o guidare il cambiamento
Influenza
Caratteristiche: la persona sa persuadere, adegua il proprio approccio così da interessare l’ascoltatore. Utilizza strategie per costruire intorno a sé consenso e appoggio.
Al livello più elementare, l’influenza e la persuasione fanno perno sulla capacità di risvegliare emozioni specifiche in altre persone.
Chi maneggia quest’arte sa percepire o addirittura anticipare la reazione dell’interlocutore al proprio messaggio e portarlo verso l’obiettivo desiderato.
Non si tratta di fare appello solo ad aspetti cognitivi, numeri, ragionamenti logici. Gli argomenti razionali possono cadere nel vuoto, mentre quelli emotivi avere un impatto desiderato.
È una competenza frequente negli individui eccellenti, soprattutto fra supervisori e dirigenti.
Gli stratagemmi per raggiungerla sono di diverso tipo: dall’uso di dati e fatti, ad azioni di grande impatto, fino alla costruzione di coalizioni, all’enfatizzazione di informazioni-chiave, e così via.
L’empatia è una qualità fondamentale ai fini dell’arte della persuasione; poiché è impossibile avere un impatto positivo sugli altri se non percepiamo come si sentono, chi è incapace di leggere quel genere di segnali non può esercitare adeguatamente influenza sugli altri. Il primo passo per essere impattanti è, infatti, la costruzione di un rapporto.
Costruire il rapporto
La persuasione è più forte quando si riesce ad identificare un legame o qualcosa in comune; prendersi del tempo per costruirlo non è una perdita di tempo, ma un passo essenziale.
La vicinanza, in questo senso, è molto importante. La distanza, fisica ed emotiva, riduce il potere persuasivo di un messaggio; trasmesso da un dirigente lontano invece che da qualcuno con cui si hanno contatti quotidiani, avrà meno effetto.
Qualora si lavori in un’organizzazione molto grande, una tecnica utile è quella di servirsi di reti di leader locali, cioè persone all’interno di un gruppo di lavoro che tutti conoscono e rispettano.
Nonostante la costruzione del consenso sia essenziale, spesso la si ignora (un po’ come i feedback). Molti dirigenti credono che basti imporre una decisione, ma i comandi autoritari si rivelano spesso un fallimento e portano ad adottare resistenze (a volte aperte, altre sotterranee, ma potenti). La condivisione della decisione, invece, spinge ad adottarla senza grossi intralci nella quasi totalità dei casi.
Sintonizzarsi emotivamente
Influenzare le persone significa sintonizzarsi emotivamente con il proprio pubblico. Ad esempio, le presentazioni che annoiano a morte sono solitamente disseminate di dati, numeri, considerazioni fredde e logiche. Non si valuta l’aspetto emotivo dell’ascoltatore; ma, in questo modo, il rischio è di non essere ascoltati o di essere attivamente avversati.
La leadership è uno di quei campi in cui conta molto di più l’intelligenza emotiva che quella razionale; soprattutto in quei settori in cui la soglia di ingresso è alta e sono richieste forti competenze. A quel punto, per chi passa la selezione, faranno più la differenza le doti emotive, poiché a livello cognitivo c’è già un livellamento verso l’alto.
L’incapacità di influenzare
Le persone con scarsa capacità di persuasione:
- si mostrano incapaci di costruire una coalizione o di convincere
- sono poco flessibili nella scelta delle strategie; cercano le più familiari invece di quella migliore per la situazione contingente
- si rivelano ostinati nel portare avanti il proprio punto di vista indipendentemente dal feedback che hanno ricevuto
- sono incapaci di ispirare interesse
- hanno un impatto negativo
La vera arte dell’influenza è molto diversa dalla manipolazione che mira al successo personale a tutti i costi. Mettere le abilità sociali al servizio di se stessi, a svantaggio del gruppo nel suo complesso, viene prima o poi riconosciuto come una simulazione.
Di fatto, il potere dell’influenza è una forza in armonia con l’obiettivo collettivo e non finalizzato a interessi egoistici. Gli individui capaci delle prestazioni migliori non inseguono status, prestigio o guadagno personali a spese degli altri.
Comunicazione
Caratteristiche: la persona è efficace negli scambi e coglie gli indizi emotivi per sintonizzare il proprio messaggio sull’interlocutore. Ascolta attentamente e ricerca la condivisione delle informazioni. Si mostra recettiva alle buone come alle cattive notizie.
Uno dei problemi principali al lavoro è quello di avere scarse comunicazioni con i capi. Il che è una criticità per il dipendente, ma lo è anche e soprattutto per chi dirige. Comunicare apertamente mette in condizione di ottenere il meglio dalle persone. Una buona capacità comunicativa, per un manager, è un fattore distintivo che prelude al successo. In essa è inclusa non solo l’arte oratoria, ma anche e soprattutto la capacità di ascolto attivo: comprendere ciò che ci dicono, non interrompere, riformulare per essere certi di avere ben compreso, richiedere suggerimenti.
Autocontrollo e comunicazione
Un altro aspetto essenziale è saper tenere sotto controllo i propri stati d’animo. Più ne siamo capaci, più gli altri avranno piacere a trattare con noi. Indipendentemente da come ci sentiamo interiormente, è importante assumere un atteggiamento equilibrato, facendo una specie di tabula rasa emozionale, che ci permette di adattarci a ciò che la situazione richiede. Partecipare ad una discussione con uno stato d’animo agitato o arrabbiato, porta l’altro a percepirci come poco disponibili, scarsamente attenti o aggressivi.
La capacità di restare calmi pare essere una caratteristica apprezzata in qualsiasi cultura e latitudine. Come mai?
Perché chi riesce ad essere padrone di sé in situazioni di grande agitazione o di fronte al turbamento altrui, sa reggere senza problemi una conversazione, restandone coinvolto e sapendo gestire efficacemente la situazione. Invece, chi è appesantito dalle proprie emozioni è molto meno disponibile a ciò che il particolare momento potrebbe richiedere.
I migliori comunicatori sono coloro che hanno un modo di fare calmo, composto e paziente indipendentemente dalle emozioni che provano dentro. Possono mettere da parte i propri impulsi affettivi, così da rendersi completamente disponibili per l’interlocutore. Riescono quindi a prendersi il tempo necessario per ascoltare adeguatamente, raccogliere informazioni essenziali per essere d’aiuto e offrire un feedback costruttivo. Non attaccano indistintamente e a prescindere, ma sanno intervenire specificamente su quanto va bene e quanto è da correggere.
La buona comunicazione, inoltre, non corrisponde semplicemente ad estroversione. Molto dipende anche dalla cultura in cui ci si trova. In alcuni Paesi, essere troppo aperti può essere visto come fastidioso e invasivo, mentre si apprezza di più la discrezione.
Leadership
Caratteristiche: la persona mostra e suscita entusiasmo per un ideale comune. Sa assumere la guida del gruppo, se serve, ed esercitare la leadership dando innanzitutto l’esempio.
La leadership ha a che fare, più che con ciò che viene attuato, sul come lo si fa.
Il leader abile sa sintonizzarsi sulle emozioni profonde che percorrono un gruppo e le esprime o agisce in modo tale da dimostrare implicitamente che sono state comprese. Da una parte, chi guida efficacemente è, quindi, come uno specchio dei sentimenti del gruppo, dall’altra lo sollecita anche, sapendo spingere le azioni delle persone nella direzione voluta.
Lo stato d’animo del leader ha un impatto forte sul gruppo; una piccola modificazione della sua espressione facciale o del tono di voce impatta molto di più di quella, persino molto più forte, di chi non abbia una leadership riconosciuta.
Avendo una forte influenza sugli altri, però, il capo ha sì il potere di motivarli, ma anche di demotivarli quando le sue emozioni siano di tipo distruttivo. Tuttavia, i manager di maggiore successo mostrano spesso un alto livello di energia positiva che si diffonde in tutta l’organizzazione.
Il carisma emotivo che emana dal leader dipende da tre fattori: sperimentare emozioni potenti; essere in grado di dar loro voce energicamente; funzionare più come una trasmittente di emozioni che come una ricevente.
Per riuscire a diffondere emozioni in modo convincente, il leader deve essere sincero sul messaggio che esprime. I capi manipolatori possono anche riuscire a simulare per un po’, ma sono meno carismatici e convincenti.
Abbiamo già visto come la competenza emotiva possa rappresentare fino ai due terzi delle doti che determinano il successo; ma nel caso della leadership, questa percentuale può raggiungere vette anche più alte.
Le doti dei grandi manager
Spinta alla realizzazione, fiducia in se stessi, impegno, arte dell’influenza, consapevolezza politica ed empatia sono le competenze di intelligenza emotiva che caratterizzano i migliori manager aziendali indipendentemente da culture e nazioni.
Vi sono poi capacità di tipo cognitivo: pensare in modo strategico, vedendo il quadro generale, e il ragionamento concettuale. Tuttavia, da sole non bastano. I grandi dirigenti vanno oltre, unendo queste abilità alla propria realtà emotiva, riempiendo quindi la strategia di significato. Le abilità logiche permettono loro di avere una visione chiara, ma quelle affettive gli danno la capacità di ispirare le persone, spingendole nella direzione desiderata.
Empatia e comando
Empatia e comando non sono affatto in contraddizione. I capi carismatici si prendono le proprie responsabilità, sanno agire in vista di un obiettivo ed essere sicuri di sé, come quelli autoritari. La vera differenza risiede nel loro stile emotivo: i leader più efficaci sono maggiormente positivi, estroversi, espressivi e cordiali. Sanno essere più amichevoli e democratici, cooperativi, riconoscenti e gentili.
Invece, i capi mediocri sono solitamente schiavi dei regolamenti, negativi, egocentrici e giudicanti. Tendono ad essere maggiormente autoritari e controllanti, dominanti e duri e sentono il bisogno di dimostrare di aver ragione.
Le ricerche evidenziano che questa modalità non funziona persino in un ambiente militare, dove i comandanti più efficaci si dimostrano cordiali ed estroversi, capaci di esprimere le proprie emozioni e fiduciosi. Non solo, il loro tono emotivo tende a propagarsi anche verso il basso. Come, purtroppo, anche nel caso di capi freddi ed aggressivi.
Questo ha anche una spiegazione pratica; un capo cordiale, che parla volentieri con lo staff, chiedendo spesso informazioni di lavoro, ma anche personali, mostra di voler essere informato e crea un’atmosfera serena e di apertura che facilita la comunicazione, spingendo i sottoposti a informare i propri superiori.
Nel caso dei comandanti mediocri ed aggressivi, invece, gli individui di grado inferiore sono riluttanti a condividere notizie, soprattutto se cattive, temendo l’esplosività emotiva degli ufficiali ai vertici.
Inoltre, i leader efficaci sono concentrati sul compito, ma sanno essere flessibili se si tratta di regole poco significative. I capi mediocri invece sono estremamente rigidi e non sanno distinguere fra regole banali e significative.
La capacità di essere fermi
Ovviamente, il leader deve sapere anche essere duro, quando è necessario. Per questo bisogna capire quando essere più adattabili e quando, invece, la situazione richiede di essere fermi.
Il problema contrario al capo troppo aggressivo lo si incontra con i manager incapaci, invece, di imporsi con la dovuta forza quando necessario. Chi si preoccupa troppo di ispirare simpatia e si sente estremamente a disagio nel confronto diretto nel conflitto, faticherà ad assumere un atteggiamento autoritario anche quando ci vuole.
Un’ulteriore conseguenza è l’incapacità di essere chiari nel dire alle persone ciò che ci si aspetta da loro, definendo standard di prestazione o di qualità elevati e insistendo per raggiungerli.
Ancora, come abbiamo visto, una grossa difficoltà è quella di dare un feedback costruttivo invece di lasciare che l’errore passi inosservato. E di affrontare il problema in modo ancora più diretto quando i feedback costruttivi non si mostrano sufficienti.
È proprio nei momenti difficili che i grandi capi possono attingere alle riserve di fiducia e buone relazioni che si sono costruiti nel tempo.
Catalizzare il cambiamento
Caratteristiche: la persona riconosce la necessità di cambiare e mettere in discussione lo status quo. Difende il cambiamento, lo attua per primo e fa da esempio. Riesce a convincere altri a perseguirlo.
I leader del cambiamento più efficienti sono persone che sanno appassionarsi allo stesso.
Attenzione: non significa che siano essi stessi degli innovatori. Spesso, il loro compito è più quello di riconoscere il valore di una nuova idea o di un nuovo processo, ma non sono coloro da cui è stato originato.
In tempi come questi, di profonde trasformazioni, capi di questo tipo sono essenziali. Non danno ordini, ma ispirano, sono stimolanti, credono fortemente in un’idea e spingono gli altri a seguirla. Fanno leva non su dati razionali, ma sull’emozione di partecipare ad un grande cambiamento.
Questi manager ottengono dai subordinati sforzi più intensi e prestazioni migliori.
Giocare di squadra
Catalizzare il cambiamento significa saper giocare di squadra e spingere gli altri a farlo per ottenere un mutamento. L’evoluzione umana ha incoraggiato le nostre capacità sociali, perché ci hanno assicurato più possibilità di sopravvivenza. E questo si vede nel maggiore successo di persone che sanno utilizzare queste abilità.
Moltissimi studi dimostrano, ad esempio, che la prestazione dei gruppi è conseguenza delle relazioni interne.
Nel caso peggiore, le frizioni interne portano al fallimento del team nei propri compiti e la prestazione collettiva è più scadente del punteggio medio individuale. Quando il gruppo lavora ragionevolmente bene, il risultato collettivo è maggiore di quello medio individuale. Ma quando il team è davvero sinergico, il suo effetto è di gran lunga superiore a quello dell’individuo migliore.
I membri socialmente inetti portano a prestazioni scadenti non solo personali, ma fungono da impedimento a tutta l’impresa. Non basta avere un elevato QI; è necessario che nel gruppo sia presente motivazione e interesse che spinge i membri al raggiungimento degli obiettivi. L’efficienza sociale del gruppo lascia prevedere il risultato della sua prestazione molto più della somma dei QI individuali dei suoi membri.
Non è finita
Siamo così giunti al termine della prima parte delle abilità sociali, quelle più legate alla comunicazione e persuasione. Nell’ultimo articolo dedicato all’intelligenza emotiva, vedremo invece gli aspetti correlati ai legami all’interno dei gruppi. Non perdertelo e iscriviti alla newsletter cliccando sull’immagine sottostante!
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