La gestione del tempo funziona? I risultati di una ricerca

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La gestione del tempo funziona? I risultati di una ricerca

Le tecniche di gestione del tempo hanno preso piede dagli anni ’90 in poi, diventando sempre più diffuse e ricercate mano a mano che la complessità della vita moderna richiedeva degli strumenti per affrontarne i ritmi e le richieste ogni volta più pressanti.

Benché si dia per scontata l’efficacia di tali strategie, raramente vengono riportate analisi scientifiche al riguardo. Esse rimangono, perlopiù, confinate nel ristretto mondo dei ricercatori più che in quello ampio dei divulgatori.

Confesso di essere una grandissima amante della gestione del tempo, dell’organizzazione e della programmazione. Non per questo, tuttavia, non mi interrogo con giusta onestà intellettuale sulla reale efficacia di metodi che pur mi piacciono e di cui posso soggettivamente notare la grande utilità. Ma, appunto, soggettivamente non è oggettivamente. E se gli strumenti vanno utilizzati con consapevolezza, è essenziale conoscerne efficacia, punti di forza e punti di debolezza.

Oggi mi occupo quindi di fare un’analisi ragionata dei risultati di uno studio che ha approfondito il tema degli effetti della gestione del tempo. In realtà, si tratta di una meta-analisi, cioè una specie di ricerca sui risultati di altre ricerche. La meta-analisi è, infatti, una tecnica statistica che permette di unire i dati di più studi relativi ad uno stesso argomento, generando un unico esito conclusivo che risponde ad una specifica domanda. Appare molto utile quando i risultati delle singole ricerche non sono univoci e non danno quindi tutti una stessa risposta. In tale caso, la tecnica combina i dati in maniera da ridurre l’imprecisione degli esiti dei singoli studi, trovando una conclusione più chiara nell’insieme.

Sebbene questa ricerca mirasse a capire se la gestione del tempo funzionasse, portasse risultati concreti, ciò che ne è emerso ha arricchito di molto la riflessione sul tema e sui suoi reali benefici. In alcuni casi, piuttosto controintuitivi.
Analizzandoli, possiamo capire meglio i punti forti di questa tecnica e quelli che, sebbene non coincidenti del tutto con le aspettative, possono darci delle informazioni preziose per saperla utilizzare al meglio.

La fame di tempo

Credo di non dire nulla di cui tu non sia già consapevole se sostengo che oggigiorno siamo tutti sempre più affamati di tempo. La giornata è un gioco ad incastro dove ogni passo deve essere controllato a dovere o si finisce come in un domino dove, caduta la prima pedina, si innesca una reazione a catena distruttiva. Gli impegni sono talmente tanti, concatenati l’uno all’altro e con sempre meno tempo per seguirli che, ritardata la prima tappa, ogni cosa diventa una rincorsa.

Negli ultimi decenni il progresso tecnologico ha fatto passi da gigante e ci ha portato strumenti sempre più efficienti. Ciò ci ha illusi sulla possibilità di risparmiare tempo per noi e, invece, ci siamo ritrovati ancora più affogati. Una ricerca americana rileva come nel 1965 circa il 50% dei lavoratori facesse delle pause; nel 2003, la percentuale si era già ridotta a meno del 2%. Non ci sono i dati aggiornati, ma potete immaginarli ;-).
E questo è niente. Siamo talmente ossessionati dalla produttività, che persino quando ci rilassiamo dobbiamo essere efficienti e ottenere il più possibile dal poco tempo che ci rimane.

Non è sorprendente, quindi, che negli anni sia aumentata a dismisura la ricerca di soluzioni che ci aiutino a gestire meglio il tempo, a sollevarci da alcuni pesi, a riorganizzarci per equilibrare meglio il rapporto vita-lavoro. Addirittura, dal 1960 al 2008 la frequenza dei libri che menzionano la gestione del tempo è aumentata di oltre il 2.700%.

In cosa consiste la gestione del tempo?

La gestione del tempo rappresenta un metodo che permette ad una persona di strutturare e distribuire in modo efficace ed efficiente il proprio tempo, consentendo un migliore equilibrio fra vita e lavoro ed incidendo anche sui risultati ottenuti. Possiamo individuare 3 caratteristiche:

  1. Strutturazione del tempo. Cioè come inserire i vari impegni, in che ordine, il tempo da dedicarvi, ecc. Di solito agevolati da strumenti di pianificazione e organizzazione.
  2. Protezione e giusto bilanciamento produzione/riposo. Spesso nasce un fraintendimento; cioè che la gestione del tempo sia dedicata a produrre sempre di più. In realtà, si cerca di farlo in maniera più efficiente, riducendo tempo ed energie spese nei compiti, liberandosi degli spazi per riposarsi e vivere più decentemente. Non significa usare i momenti liberati per sovraccaricarsi ulteriormente.
  3. Flessibilità e adattamento alle diverse condizioni. Che vuol dire essere reattivi e flessibili con la propria struttura temporale. Si insegna anche come sfruttare meglio i tempi morti, come riorganizzarsi sulla base degli imprevisti e così via.

La gestione del tempo funziona?

La meta-analisi, condotta da Aeon, Faber e Panaccio (Università del Quebec, Canada), si chiede se la gestione del tempo abbia un reale impatto sulle prestazioni lavorative, di studio e sul benessere. E i risultati, derivati dall’analisi di 53.957 partecipanti totali, sembrano dimostrare che, effettivamente, è correlata a tutti questi aspetti. Non solo, mostra anche una relazione moderata e negativa con l’angoscia (cioè, aiuta a ridurla).

D’altra parte, le differenze individuali (come sesso, età, ecc.) e gli elementi di contesto (ad es., autonomia lavorativa, carichi di lavoro, ecc.) sembrano avere un’associazione molto più debole con la gestione del tempo. Tranne per un singolo aspetto: la personalità, particolarmente sul lato della coscienziosità.
Gli autori non si attendevano una correlazione estremamente debole con il genere: le donne, infatti, sembrano gestire il tempo meglio degli uomini, tuttavia la differenza è minima. Però emerge che i punteggi di gestione del tempo delle donne sono aumentati negli ultimi decenni.

Allo stesso modo, il rapporto fra gestione del tempo e prestazioni lavorative sembra che vada aumentando nel corso degli anni. Cioè, questa tecnica oggi può apportare più benefici di quanti ne mostrasse nei primi anni ’90.

Un risultato che si mostra, invece, controintuitivo è che tale metodo sembra migliorare il benessere, soprattutto la soddisfazione della vita, in misura maggiore rispetto a quanto faccia con le prestazioni. Il benessere, quindi, non è un semplice sottoprodotto derivato dalle migliori performance lavorative, ma ne rappresenta, invece, una conseguenza diretta.

Le ricerche antecedenti                                                               

Nel tempo, gli studi hanno utilizzato approcci di ricerca molto diversificati: esperimenti di laboratorio, sul campo, ricerche longitudinali e indagini trasversali. Anche i risultati si sono mostrati variabili.            

In più, i singoli studi si presentavano di portata ristretta con risultati spesso qualitativi. Per questo nasce questa meta-analisi, per dare una risposta più coerente, completa e quantificabile alla domanda se la gestione del tempo funzioni.

La meta-analisi                                                      

Per eseguire la ricerca sono stati analizzati 158 studi e 490 dimensioni della gestione del tempo. 21 studi hanno esplorato le prestazioni in un contesto professionale, 76 quelle in ambito accademico, 30 hanno indagato il benessere e 58 il disagio.

Un primo dato molto interessante è che le ricerche non riportano sistematicamente le differenze individuali; in soli 21 studi, infatti, venivano riportate correlazioni con l’età e solo tra 10 e 15 studi hanno misurato tratti di personalità. Ancora meno quelli che misuravano i fattori contestuali (fra 3 e 7).
Paradossalmente, la letteratura sulla gestione del tempo trascura spesso una serie di fattori interni ed esterni che possono influenzare il modo in cui le persone gestiscono il loro tempo.

Dall’analisi emerge anche come vi sia stato, da parte del mondo della ricerca, un aumento dell’interesse sul tema verso la fine del millennio, con un amplificarsi ancora più intenso intorno agli anni 2010.
D’altra parte, i primi libri moderni sulla gestione del tempo sono usciti nei primi anni ’70 e, presumibilmente, hanno ispirato le ricerche successive sul tema.

Vista l’alta eterogeneità dei risultati, gli autori raccomandano, comunque, che la ricerca futura presti maggiore attenzione ai fattori moderatori come le differenze individuali.                                        

Gestione del tempo e prestazioni sul lavoro

Dai risultati emerge che la gestione del tempo ha un moderato impatto sulle prestazioni lavorative. Nel valutare gli effetti, bisogna distinguere tra prestazioni basate sui risultati (ad esempio, valutazioni delle prestazioni da parte dei supervisori) e quelle basate sul comportamento (ad esempio, motivazione, coinvolgimento sul lavoro). La gestione del tempo sembra correlata a entrambi i tipi di performance.

Un dato interessante è che il rapporto fra gestione del tempo e prestazioni risulta meno variabile rispetto al collegamento tra gestione del tempo e altri risultati. Inoltre, questo collegamento aumenta significativamente nel corso degli anni.                                                                   

Gestione del tempo e rendimento nei contesti accademici

Nell’insieme, l’effetto della gestione del tempo sul rendimento risulta leggermente superiore nei contesti accademici rispetto a quelli lavorativi. Si distingue, anche qui, fra prestazioni basate sui risultati e prestazioni basate sul comportamento e si nota che le seconde sembrano molto più impattate dallo strumento con una differenza molto più ampia di quella che si osserva nei contesti professionali.

Ciò sembra dimostrare come le prestazioni basate sui risultati in contesti di studio dipendano meno dalla gestione del tempo rispetto alle stesse nei contesti professionali. Di converso, ci fa capire che la gestione del tempo ha più efficacia sulle performance specifiche in azienda più che nello studio.

Tuttavia, un settore su cui ha più effetto rispetto all’ambiente lavorativo è quello della procrastinazione, a cui appare molto più negativamente correlata nella scuola che nel lavoro.

Gestione del tempo e benessere

Come si diceva, la gestione del tempo pare avere un impatto leggermente maggiore sul benessere che non sulle prestazioni stesse. Un risultato inatteso. Questo, tuttavia, non nega l’importanza della gestione del tempo come abilità lavorativa. Piuttosto, apporta un ampliamento della visione e cioè che questo metodo non sia efficace solo per la propria attività, ma possa aiutare anche in altri ambiti della vita.                                       

Gestione del tempo e angoscia

Una volta acquisito che questo strumento ha effetti sul benessere, non ci stupirà sapere che sembra anche attenuare varie forme di angoscia. Tuttavia, lo fa in misura minore di quanto non aumenti il ​​benessere. Per quanto, comunque, l’effetto di alleviamento sul disagio psicologico sia particolarmente forte.

Questo ci fa capire che i due aspetti sono correlati, come si può intuire, ma non così direttamente e intensamente come si potrebbe pensare. Infatti, il benessere e l’angoscia non sono due poli agli estremi opposti di una linea continua. In altre parole, l’uno non è il contrario dell’altro.  Sono connessi, ma differenti.
Tanto che anche i fattori che influenzano il benessere e il disagio sono distinti.
Gli autori, ad esempio, fanno notare come l’autoefficacia (cioè, il considerarsi capaci) sia un predittore distinto di benessere mentre il nevroticismo e gli eventi della vita in generale siano predittori distinti di angoscia. Mentre la gestione del tempo può migliorare l’autoefficacia, ha molto meno effetto sul nevroticismo o sull’attenuare l’impatto emotivo degli eventi negativi della vita. Presumibilmente, i fattori che influenzano il benessere possono rientrare molto più nell’ambito della gestione del tempo rispetto a quelli che incidono sull’angoscia. Per questo motivo, il nostro strumento avrà più effetto sull’aumento del primo che sulla riduzione della seconda.

Gestione del tempo e differenze individuali

Abbiamo anche già accennato al fatto che la gestione del tempo è, nel complesso, meno correlata alle differenze individuali rispetto ad altre variabili.

Sia l’età sia il genere, ad esempio, sono debolmente correlate (anche se le donne sembrano avere maggiori capacità in questo ambito rispetto agli uomini).
Tuttavia, le capacità di gestione del tempo delle donne sembrano rafforzarsi nel corso degli anni.
Questo, verosimilmente, dipende non tanto da un miglioramento di questa abilità quanto dal fatto che le donne hanno più libertà di gestire il proprio tempo un po’ più avanti con gli anni, quando gli impegni con i figli, ad esempio, si riducono (o un reddito migliorato permette di diminuire le ore dedicate alla casa e di rivolgersi ad aiuti esterni).

Altri indicatori, come l’istruzione e il numero di figli, non mostrano correlazioni così come alcuni attributi e atteggiamenti personali. Con alcune notevoli eccezioni, però.

locus of control

In primo luogo, il collegamento tra la gestione del tempo e il locus of control interno (cioè, quanto le persone percepiscono di avere il controllo della propria vita) è piuttosto forte.
Non è chiara la direzione di questo legame, cioè se il locus of control interno sia necessario perché le persone cerchino di gestire meglio il proprio tempo, in quanto hanno la convinzione di base di poter cambiare la propria vita. O se, al contrario, sia la gestione del tempo che li aiuta a rafforzare il loro locus of control interno (dalle ricerche questa sembra la direzione più probabile).

Autostima

In secondo luogo, il legame tra gestione del tempo e autostima è altrettanto importante. Anche qui, gli effetti possono avere due direzioni: chi ha un’elevata autostima è abbastanza sicuro da gestire il proprio tempo o, al contrario, la gestione del tempo può aumentare l’autostima. Ma è probabile che gli effetti si abbiano in entrambe le direzioni e si rinforzino a vicenda.

Coscienziosità

Infine, un aspetto individuale che mostra un legame molto forte con la gestione del tempo è la coscienziosità. D’altra parte, se ci pensi, la coscienziosità implica caratteristiche che sono sovrapponibili a quelle richieste dalla gestione del tempo, come ordine e organizzazione.

Multitasking

Dallo studio arriva anche una conferma a quanto ormai diventato di conoscenza comune (ma difficilmente applicato), cioè che il multitasking non renda più produttivi, ma meno. Tanto che vi è una correlazione negativa fra questo metodo e il multitasking; cioè le persone con maggiori capacità di gestione del tempo evitano deliberatamente una strategia evidentemente inefficace.

Conclusioni della ricerca

Qual è, dunque, la sintesi a cui arrivano gli autori dopo la meta-analisi? Questa: “La gestione del tempo funziona? Sembra così. La gestione del tempo ha un’influenza moderata sulle prestazioni lavorative, sui risultati accademici e sul benessere. Questi tre risultati giocano un ruolo importante nella vita delle persone. Fare un buon lavoro al lavoro, ottenere ottimi voti a scuola e coltivare il benessere psicologico contribuiscono a una vita ben vissuta. Le esortazioni diffuse a migliorare nella gestione del tempo non sono quindi infondate: l’importanza della gestione del tempo è difficile da sopravvalutare”.

Riflessioni e proposte per il futuro

Oltre a questo, gli autori si fanno alcune domande e propongono delle ulteriori direzioni di studio. Riflettono, innanzitutto, sul fatto che storicamente le persone hanno gestito il tempo per ragioni diverse dall’efficienza, come la devozione spirituale e la contemplazione filosofica. È solo con eventi relativamente recenti nella storia (rivoluzione industriale, situazioni di ridimensionamento aziendale, ecc.) che la gestione del tempo si è fatta coincidere con la produttività. Per questo auspicano che la ricerca futura ampli le sue indagini su ambiti differenti dalle semplici prestazioni. Ad esempio, il suo impatto sullo sviluppo di un senso del significato nella vita, come venne fatto in uno dei primi studi; analisi raramente ripetuta.

Allo stesso tempo, i ricercatori ritengono che la gestione del tempo sia anche una funzione del reddito, dell’istruzione o di altri privilegi. Questo perché persone più benestanti, ad esempio, possono ottimizzare le loro attività potendosi permettere di delegare una serie di compiti a figure professionali, pagandole. Per questo, nel futuro, si augurano che vi siano approfondimenti su come rendere la gestione del tempo più accessibile. In pratica, aggiungo io, a individuare, fra i tanti, quegli elementi che hanno effetto e sono indipendenti da condizioni economiche, sociali, culturali, potendo essere facilmente adottati dalla maggior parte delle persone.                 

Non secondaria, poi, la riflessione su come, plausibilmente, l’effetto della gestione del tempo si potenzi nel tempo. Infatti, riflettono gli autori, “se la gestione del tempo può aiutare gli studenti a ottenere voti migliori, ad esempio, quei voti possono portare a lavori migliori in futuro. Fondamentalmente, l’apprendimento di un’abilità richiede tempo e se la gestione del tempo aiuta le persone a trovare il tempo per apprendere un’abilità, allora la gestione del tempo arricchirà notevolmente la vita delle persone”. Per questo sarebbero auspicabili studi longitudinali che mostrino come e quanto tale strumento influisca sulla vita delle persone ed esplichi (forse aumentandoli) i suoi effetti nel passare degli anni.                                    

Considerazioni personali

Per terminare, vorrei portare alcune mie riflessioni personali da psicologa e grande amante delle tecniche di gestione, ottimizzazione del tempo e organizzazione in generale.

Sono la prima fruitrice di questi metodi e ne constato regolarmente l’efficacia personale e gli effetti benefici su diversi aspetti. Non mi sono affatto sorpresa, quindi, dei risultati emersi in questo studio. Tuttavia, per il mio lavoro, non posso non notare, come ho sempre fatto in questi anni, che un tema completamente ignorato in chi si occupa di gestione del tempo è quello della personalità. Che ritengo niente affatto secondario. Anzi, da valutare come primo aspetto.

L’importanza della persona

Il tema, volendo, è anche più generale e l’ho affrontato anche parlando di tecnologia e strumenti organizzativi. È assurdo pensare (eppure è convinzione diffusa) che la tecnica, da sola, possa avere effetti indipendentemente dalle persone che quegli strumenti devono imparare e applicare. Come dico sempre, le organizzazioni sono fatte di persone; la tecnica, da sola, non risolve nulla se non si parte dagli individui. Se ho il metodo migliore del mondo e lo impongo a chi non lo capisce, non lo accetta (per qualsiasi motivo), non si fida e non lavoro prima su un clima e una cultura aziendale che mi permetta di fare comprendere e accogliere i cambiamenti condivisi (non imposti), non mi servirà a nulla.
Le persone, alla fine, hanno sempre più potere dello strumento, perché sono coloro che lo adottano con convinzione o che lo boicottano quando alcune esigenze psicologiche non sono state prese in considerazione. Lo stesso vale, naturalmente, per la gestione del tempo.

Somministrare dall’alto una tecnica senza considerare chi la deve usare e come si può più o meno adattare a questi, ha un effetto ridotto…dagli stessi “limiti” insiti nella persona. Immaginate qualcuno che, per motivi personali e profondi, ha paura del cambiamento. Credete che, dopo un apparente entusiasmo iniziale (forse), potrà veramente adottare certi suggerimenti che gli chiedono di cambiare molte delle sue abitudini? Senza andare ad intaccare questo suo timore profondo?

II tema richiederebbe molti approfondimenti, ma voglio lanciare solo una suggestione per fare comprendere come i metodi siano assolutamente utili, vanno adottati e possono avere effetti. Ma non su tutti, indipendentemente da storia, paure, fantasie e convinzioni personali. Non siamo tutti uguali, per questo la stessa tecnica non può avere risultati identici su chiunque. E quando le conseguenze positive non si vedono, forse non dipende dalla bontà del metodo. Ma neanche dall’incapacità della persona.
Si tratta, invece, di comprendere meglio le peculiarità di questa, come aiutarla a modificare certi atteggiamenti che la bloccano e come adattare un metodo universale al particolare del singolo individuo.

Se quest’ultimo tema ti interessa, leggi anche Le resistenze al cambiamento innovativo e Resistenze al cambiamento innovativo: come prevenirle e disinnescarle.

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