
Nell’articolo precedente ho parlato dell’importanza del framing (ristretto o ampio) e dell’influenza della contabilità mentale nel prendere decisioni. Aspetti che ci possono portare lontano da valutazioni sensate. Infatti, abbiamo scoperto come – per il timore di perdere qualcosa (soldi, credibilità, tempo, ecc.) – finiamo per rischiare di rimetterci ben di più.
Ci sono altri aspetti relativi al framing, cioè al contesto in cui ci vengono presentate le opzioni da considerare (o in cui decidiamo di analizzarle), che ci possono far deviare dal cammino corretto. E spesso sono legati ad aspetti emotivi, in maniera più o meno diretta.
Vediamoli insieme.
L’importanza del rammarico
Uno degli elementi che incide sulle nostre scelte (e, spesso, sulle non scelte) è il rammarico. Le persone sono molto sensibili a questa emozione, per cui spesso evitano di prendere decisioni per il timore di pentirsene.
Chi l’ha provato, lo sa: rimuginiamo sul fatto che non avremmo dovuto agire in quel modo, ci incolpiamo dell’errore fatto, vorremmo azzerare le nostre scelte e tornare indietro. Nasce, naturalmente, quando c’erano strade alternative da imboccare ma noi non le abbiamo prese. Percepiamo questa sensazione persino quando non abbiamo alcuna colpa. Tipo quella volta che hai scelto di partire qualche ora prima e sei finito nel bel mezzo di un incidente che ti ha rovinato la macchina o la salute…
Se due persone sono nella stessa situazione, ma una ci si trova perché ha fatto una scelta diversa da quella che compie solitamente, probabilmente questo sarà anche il soggetto che proverà più rammarico. Infatti, noi abbiamo un’idea di come vanno normalmente le cose e, quando si compie un’azione che esce dalla nostra normalità, la notiamo di più.
Rammarico, colpa e rimprovero seguono, però, linee differenti. Infatti, la cosa incredibile è che chi fa qualcosa di diverso dal solito e ha un esito sfortunato, proverà più rammarico anche se non ha colpe. Tuttavia, sarà più criticato.
Mi spiego meglio.
Rammarico, colpa, rimproveri
Immaginiamo che io sia un soggetto sempre attento e che non corre mai alcun pericolo, ma un giorno decido di darmi al bungee jumping per provare forti emozioni. Proprio quel giorno, nel lanciarmi, mi arriva un contraccolpo che mi procurerà dolori alla schiena per anni per via – diciamo – di un corda un po’ difettosa. Ora pensiamo ad un’altra persona all’opposto di me, che corre rischi continuamente e si trova nella mia stessa situazione sfortunata. Probabilmente io proverò più rammarico (“ma perché ho fatto questa cosa che non faccio mai?”). Le persone riconosceranno meno colpa in me che in chi corre rischi abitualmente (“eh, poverina, è stata sfortunata”). Ma criticheranno più me (“guarda te, è stata sempre così attenta, doveva proprio fare questa cosa?”) che non chi si è mostrata sempre più azzardata nelle scelte, pensando: “va beh, è sempre stata una testa calda, era normale che prima o poi capitasse”.
La deviazione dalla norma che produce rammarico
La paura del rammarico trattiene molte persone dal fare certe scelte. Infatti, gli individui si aspettano di avere reazioni emotive più forti nei confronti di un risultato quando questo è prodotto dalla loro stessa azione più che quando è causato dall’inazione.
Tuttavia, il vero centro di questa emozione non sta tanto nel fare o nel non fare, quanto nella deviazione dal nostro comportamento abituale. Sia che si tratti di agire sia che si tratti di non muoversi, se questo devia dal nostro agire solito e porta conseguenze negative, la discrepanza fra la norma e quello che abbiamo fatto ci fa avvertire emozioni dolorose.
Questo ci spiega perché si tende a fare scelte convenzionali, più che anticonformiste e rischiose. Anche quando il rischio può portare risultati positivi, viviamo spesso il potenziale beneficio come più piccolo del possibile rischio e finiamo per stare sul lato del sicuro. D’altra parte sappiamo già che, a parità di grandezza, soffriamo maggiormente per una perdita di quanto gioiamo per un uguale guadagno. Perdere è molto più doloroso per noi, ha un’intensità circa doppia.
In particolari aree della vita, poi, decisioni che si rivelano sbagliate assumono un valore particolare, come nel caso della salute. Il problema è che il tentativo di minimizzare, se non annullare completamente, il rischio di esiti negativi, talvolta finisce per non farci tentare soluzioni che potrebbero portare molti più vantaggi. Trovare un equilibrio fra giusti rischi da correre in cambio di miglioramenti per la salute umana o in altri ambiti, ma con il contrappeso anche di possibili esiti negativi, non è facile.
La paura eccessiva del rammarico, tuttavia, rischia di portare alla paralisi, al non potere mai progredire.
Le inversioni di preferenza
Ora proviamo ad unire tutte le considerazioni di prima su rammarico con quelle sul framing ristretto o ampio visto la volta precedente.
Diciamo che devo definire il risarcimento in denaro di una donna a cui è stato sparato per sbaglio, nel corso di una rapina in un negozio. Solitamente andava nel negozio di un altro quartiere, ma quel giorno si era recata in questo, differente dal suo abituale.
Se ti chiedo di valutare i due diversi scenari e cioè: 1) le hanno sparato nel suo solito negozio o 2) le hanno sparato nel nuovo negozio, la tua scelta sull’indennizzo non cambierà. Ti è chiaro che il problema è il danno subito, non dove lo abbia subito. Hai attivato il Sistema 2.
Tuttavia, esperimenti passati mostrano che se i due scenari vengono presentati non insieme, ma separatamente, si è più inclini a definire un risarcimento più alto se ti dicono che la donna è stata ferita nel negozio dove di solito non andava. Questo perché, nel leggere la storia, provi un pensiero e un’emozione (“Ma che sfortuna, se solo fosse andata nel suo solito negozio!”). Hai appena realizzato una sostituzione – “quanto dev’essere risarcita” viene sostituito con “quanto è stata sfortunata” – e un matching d’intensità – “molto sfortunata” diventa “alto risarcimento” – che sono tipici del Sistema 1, come ormai sai. Dove non è la ragione a vincere.
Differenze fra valutazioni singole e congiunte
Perché questo esperimento è importante? Perché ci mostra quello che solitamente avviene nella vita reale. Difficilmente le scelte ci vengono presentate in un framing ampio e ci viene data l’opportunità di fare confronti e valutazioni razionali. Molto più spesso, siamo di fronte ad un framing ristretto, dove vediamo solo un’opzione alla volta e l’effetto delle nostre emozioni diventa predominante. E questo porta all’attivazione del Sistema 1.
Tale differenza fra valutazione singola e congiunta dà origine ad una serie di inversioni di giudizio e scelta. Cioè, siamo capaci di ribaltare le decisioni a seconda dello scenario che ci viene presentato: una valutazione alla volta o tutte insieme.
L’importanza delle categorie
Naturalmente, non sempre le valutazioni congiunte sono incoerenti se paragonate a quelle singole. Ma spesso è così.
Il fatto è che tendiamo a suddividere il mondo in categorie e, all’interno di queste, abbiamo delle regole. I nostri giudizi sono quindi logici all’interno delle categorie, ma spesso incoerenti se valutiamo oggetti appartenenti a segmenti diversi.
Anche qui, facciamo un esempio.
Se ti chiedo se preferisci le tagliatelle al ragù o le trofie al pesto, probabilmente mi darai una risposta chiara sulla base dei tuoi gusti. Questo perché il paragone è semplice, all’interno di uno stesso sistema. Ma se ti chiedo se ti piacciono di più le trofie al pesto o una torta di mele, forse fai più fatica a dare una risposta, poiché si tratta di categorie differenti.
Nel primo caso, le valutazioni singole corrisponderebbero a quella congiunta. Cioè, se ti chiedo quanto gradisci le tagliatelle al ragù su una scala da 1 a 10 e quanto le trofie al pesto, la classifica che ne deriva è certamente corrispondente alla risposta congiunta, dove ti piacerà di più il piatto a cui avevi dato un voto maggiore nella valutazione disgiunta. La pasta è valutata in base allo stesso parametro.
Ma nei confronti intra-categoria, la risposta singola e congiunta possono dare origine a confusioni, poiché pasta e dolce soddisfano bisogni diversi. A volte preferiamo la pasta, altre la torta; non sono intercambiabili a seconda del momento in cui ci troviamo e del desiderio specifico che abbiamo.
Facciamo un altro passo avanti, partendo da qui.
Balene e raccoglitori di frutta
Immagina che un’associazione di cui ti fidi e a cui hai fatto donazioni in passato ti proponga di contribuire alla causa della salvaguardia delle balene dall’inquinamento. Questa richiesta aprirà delle associazioni nella tua mente, consapevoli o no, su cause analoghe. Farai una valutazione del livello di simpatia per le balene rispetto ad altri animali in cause precedenti e definirai una somma in denari che sei disposto a concedere. Queste valutazioni saranno fatte secondo i principi della sostituzione e del matching d’intensità (come abbiamo visto anche sopra), di cui si occupa il Sistema 1.
La categoria degli animali
Cioè, al quesito dei soldi, difficile da risolvere, sostituisci la domanda più semplice: “quanto mi piacciono le balene?”. Definisci, quindi, inconsapevolmente, un grado di attrazione per questo animale e sulla base del grado di intensità aggiudicato traduci il livello di donazione in modo equivalente sulla tua personale scala delle donazioni che sei disposto a fare per gli animali. Diciamo che le balene ti piacciono 9 su una scala di 10 di attrazione verso gli animali. Che le tue donazioni massime per questo tipo di cause possono arrivare a 100 euro. È probabile che tu possa donare circa 90 euro per aiutare le balene.
Per ogni tipo di causa (politica, sociale, ambientalista, ecc.) potresti avere livelli differenti di donazione e, quindi, le intensità vengono tradotte in maniera specifica per ogni categoria. Insomma, nella specifica categoria un “mi piace molto” diventa un “contribuisco molto”.
La categoria della sanità pubblica
Ora, facciamo finta che non ti sia mai arrivata la proposta sulle balene, ma un’altra richiesta. In questo caso, il problema sono i raccoglitori di frutta che hanno un rischio maggiore di contrarre un tumore alla pelle nel lungo periodo rispetto alla popolazione generica a causa della più alta esposizione prolungata al sole. Si sta istituendo un fondo per finanziare esami preventivi gratuiti.
Cosa succede? Che, probabilmente, inserirai questo problema nella classifica dei problemi di sanità pubblica; all’interno della quale, il rischio futuro di tumori della pelle per raccoglitori di frutta ti sembrerà meno urgente di tanti altri. Di conseguenza, non attribuirai un punteggio alto. Probabilmente più basso di quello attribuito alle balene in pericolo di vita, perché nella categoria “specie in estinzione” quella delle balene ti pareva una causa tanto importante da porsi su un gradino alto.
Quindi, valutando le due situazioni in modo disgiunto e in relazione ciascuno al proprio insieme di riferimento, probabilmente il punteggio di intensità delle balene supera quello dei raccoglitori.
Ma cosa succede se le proposte ti vengono fatte insieme? Attribuiresti un punteggio altrettanto scarso ai poveri raccoglitori, esseri umani che rischiano il tumore, se lo devi confrontare con le balene, animali simpatici ma non appartenenti all’ambito degli esseri umani? Mmmhh, forse no.
Finché hai fatto la valutazione singolarmente, questo dettaglio non aveva attirato la tua attenzione, Ma facendola congiunta, diventa molto evidente.
A questo punto, il tuo punteggio di intensità diventerà maggiore per la seconda causa e, incredibilmente, sarai disposto a donare di più in questo caso, invece che nel primo, dove invece eri più propenso nella valutazione disgiunta.
L’importanza del framing nelle scelte decisive
Ora ti dirai: “e va beh, tutto sommato parliamo di situazioni che probabilmente non hanno effetti così devastanti”. Ma questa incoerenza e ambiguità decisionale ci si ripropone in molte occasioni, anche estremamente delicate e che possono incidere in modo forte e immediato sulla vita delle persone. Ad esempio, in campo giuridico, legislativo, processuale, ecc.
Gli studi fatti su simulazioni in campi simili hanno mostrato l’estrema incoerenza delle risposte in caso di framing ristretto o ampio, dove nel secondo caso le valutazioni potevano naturalmente giovarsi di considerazioni più complete e di ampio respiro. Tuttavia, come ho detto, nella maggior parte dei casi della vita le decisioni ci appaiono o vengono prese secondo un inquadramento ridotto. Con quello ampio, la nostra razionalità è favorita, con quello ristretto, è il Sistema 1 a prevalere.
Valutate singolarmente, le decisioni possono apparire sensate, ma se considerate in un contesto più esteso, ci apparirebbero irrazionali; in alcuni casi con esiti sproporzionati verso l’alto o verso il basso.
Framing emozionale
C’è un altro aspetto in cui il modo in cui i quesiti sono formulati incide molto sulle nostre risposte. E ha a che fare con le emozioni.
Ecco uno degli esempi che riporta Kahneman:
1) Accetteresti una scommessa in cui ti si proponesse il 10 per cento di probabilità di vincere 95 dollari e il 90 per cento di probabilità di perderne 5?
2) Pagheresti 5 dollari per partecipare a una lotteria che desse il 10 per cento di probabilità di vincere 100 dollari e il 90 per cento di probabilità di non vincere niente?
I due problemi sono identici, se guardi bene. In entrambi devi decidere se accettare un rischio che ti renderebbe più ricco di 95 dollari o più povero di 5.
Essendo quesiti uguali posti in due maniere diverse, una persona razionale risponderebbe allo stesso identico modo. Ma questo capita di rado. La seconda versione, infatti, ottiene molte più preferenze. Perché è formulata come il costo di un biglietto di lotteria che non ha vinto e non come una scommessa persa. Siccome le perdite suscitano sentimenti più forti dei costi, il nostro Sistema 1, vincolato agli aspetti emotivi, sceglierà la seconda soluzione.
L’impatto della formulazione del quesito
Ci sono molti esperimenti differenti che mostrano come la formulazione di un quesito impatti fortemente sulla scelta, anche quando la razionalità dovrebbe dirti che i due problemi sono sostanzialmente identici, per quanto formulati diversamente, e quindi le risposte dovrebbero essere uguali. Preferiamo il costo alla perdita; rinunciare ad uno sconto, più che pagare un sovrapprezzo; il concetto di sopravvivenza a quello di mortalità, anche quando le potenziali vittime sono le stesse, ecc.
Cosa succede quando ci fanno domande del genere?
Abbiamo già visto come tendiamo a scegliere un’opzione sicura quando si tratta di un guadagno (anche se ci porta a vincere di meno che non scegliendo l’opzione incerta) e preferiamo il rischio alla perdita sicura (anche se potremmo perdere di più).
Quando ci pongono quesiti che hanno lo stesso risultato, ma una formulazione diversa, il nostro cervello risponde in modo differente.
Neurologia e scelte
Studi neurologici mostravano le aree del cervello che si attivavano negli esperimenti in cui i soggetti si trovavano di fronte ad opzioni del tipo “conservare” o “perdere”.
In chi seguiva il Sistema 1, scegliendo istintivamente a favore del guadagno sicuro, anche se minore, e del rischio piuttosto che della perdita certa, si attivava l’amigdala, un’area cerebrale associata con l’eccitazione emotiva. L’amigdala sovraintende agli stimoli emozionali ed è molto probabilmente coinvolta nel Sistema 1.
Al contrario, chi faceva scelte non istintive, ma basate sulla riflessione e sul calcolo del guadagno potenziale, attivava una regione cerebrale che è associata con il conflitto e l’autocontrollo (il cingolo anteriore). Questo ci mostra come resistere all’inclinazione del Sistema 1 comporta un conflitto e richiede capacità di autogestirsi. In altre parole, non ci viene affatto naturale, ma dobbiamo sforzarci.
Infine, i più razionali, quelli che riuscivano a resistere all’influenza del framing, mostravano una maggiore attività dell’area frontale del cervello, che entra in azione quando emozione e ragionamento si uniscono nel guidare le decisioni. Un particolare veramente interessante è che gli individui «razionali» non erano quelli che mostravano la più forte evidenza neurale di conflitto. Risultava infatti che spesso erano persone legate alla realtà, con poco conflitto interiore; evidentemente, la loro naturale inclinazione a non farsi deviare dalle formulazione e a considerare in modo razionale le cose, li porta a non percepire un particolare disagio nella risoluzione del problema.
Parole, emozioni e scelte
In sintesi, le emozioni che certe parole evocano (conservare/perdere, sconto/sovrapprezzo, sopravvivenza/mortalità ecc.) incidono molto sulle scelte finali, facendoci propendere in modo netto verso una soluzione o l’altra, anche se in realtà i risultati sono identici. Questo è quello che Kahneman e Tversky chiamarono “framing emozionale”. E questo non dipende dall’esperienza che si ha in un determinato campo. Gli stessi medici, ad esempio, propendono più per soluzioni che sono presentate come possibilità di sopravvivenza che quelle che vengono mostrate con la formula del rischio di mortalità. Anche se le percentuali finali sono identiche.
L’emotività del Sistema 1 e la pigrizia del Sistema 2
Insomma, il framing emozionale riesce spesso a scavalcare anche le nostre conoscenze più razionali, incidendo sulle scelte anche quando avremmo gli strumenti per non farci influenzare dai termini usati. Infatti, il Sistema 1 è più veloce del 2, questo ormai lo abbiamo capito. Le persone razionali riescono più facilmente a riformulare i quesiti nei due modi possibili, notando che i risultati sono gli stessi e non facendosi influenzare dai termini usati. Ma il più delle volte, le persone soccombono all’istinto e all’emotività anche quando sono certi di non farlo. E se qualcosa li insospettisce e ci si mettono a ragionare (a meno che non siano persone di solito molto razionali), vivono un conflitto e una fatica.
Un altro effetto di framing è quello legato al silenzio-assenso. Se un’azione (ad esempio, donare gli organi alla morte) passa a meno che tu, esplicitamente, non chieda di fare diversamente (non donare), quella azione avrà probabilmente molti più sostenitori della seconda. La fatica di esplicitare chiaramente che vuoi qualcosa di diverso dall’opzione di default, abbassa notevolmente chi porta avanti quella stessa azione. In questo caso, ad incidere, più che l’istintivo Sistema 1, è la pigrizia del Sistema 2. Le persone fanno una crocetta su una casella se hanno già deciso che cosa vogliono fare: se non sono preparate alla domanda, devono sforzarsi di pensare che decisione prendere.
Conclusioni
Ancora una volta, non possiamo che prendere atto del fatto che le nostre scelte sono estremamente influenzate da diversi fattori: il contesto in cui ci vengono presentate le cose, l’emotività che ci suscita, l’istintività e poca accuratezza del Sistema 1, la pigrizia del Sistema 2 e così via.
Le armi che abbiamo a disposizione sono la conoscenza dei meccanismi del cervello che ci inducono in errore per evitare che il Sistema 1 prenda il sopravvento quando sono in gioco decisioni importanti. Questo lo possiamo fare usando framing ampi, provando ad usare parole diverse e cornici differenti ai quesiti che ci vengono posti per capire se, in qualche modo, ci stiamo facendo influenzare da aspetti che dovrebbero risultare irrilevanti.
Non possiamo certo illuderci di avere sempre il controllo di ogni decisione. E non è neanche necessario. Ma dobbiamo, invece, fermarci un istante in più e ragionare adeguatamente quando sappiamo che possono esserci in gioco aspetti importanti per noi o per le persone per cui stiamo effettuando le scelte. Penso ai dirigenti di grandi aziende che hanno in mano anche i destini dei dipendenti; ai giudici che decidono delle vite altrui; ai medici che devono capire come aumentare le probabilità di sopravvivenza e ridurre quelle di malattia o morte.
Insomma, l’irrazionalità della nostra mente ci può fare spesso sorridere, quando ci accorgiamo dei tranelli che ci ha posto. Ma ci sono ambiti in cui non possiamo certo riderci su. E in questi abbiamo il dovere di conoscere gli inganni in cui potremmo cadere e fare di tutto per evitarli.
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