Le soft skills più richieste sul lavoro nel futuro

Riflessioni | 0 commenti

Le soft skills più richieste sul lavoro nel futuro

Nel passaggio da un anno all’altro è pratica comune fare un bilancio del periodo che ci siamo lasciati alle spalle per valutare cosa di buono abbiamo realizzato, quali obiettivi abbiamo rimandato e a quali abbiamo rinunciato. Per poi ripartire con una serie di propositi. Che, se non sostenuti da una seria attività di analisi e pianificazione, rimarranno solo sogni irrealizzati.

Un’altra situazione frequente è il tentativo di capire cosa ci riserverà il futuro. E, in tempi come questi, dove tutto corre veloce, il futuro diventa molto prossimo. Se si tratta del lavoro, è bene muoversi in fretta per non ritrovarsi in ritardo.

Capire dove si indirizza il mercato, quali sono le nuove esigenze, gli aspetti a cui si dà più valore e importanza può fare la differenza. Sia se sei un dipendente o freelance, che deve comprendere su che aspetti puntare per avere più appeal e, quindi, più forza contrattuale; sia se sei il datore di lavoro, l’imprenditore che deve assicurarsi la forza lavoro migliore, le persone con le abilità più utili per i tempi attuali.

cosa sono le soft skills

Negli ultimi anni abbiamo visto accrescersi sempre di più il peso delle soft skills sul totale delle competenze richieste. Non è un caso, in realtà. In un mondo sempre più complesso, diventa fondamentale non solo possedere le conoscenze tecniche (che, comunque, non possono essere tutte presenti in una sola persona), ma capire il contesto, sapere analizzare le situazioni, comprenderle e riuscire a muoversi bene in ambiti di grande complessità e in interazioni diversificate.

Ma cosa sono queste famose soft skills di cui tutti, sempre più, parlano? Perché vengono considerate così essenziali?

Con questo termine si indicano le abilità personali e trasversali che ci permettono di interagire efficacemente con gli altri e di adattarci alle situazioni. Si definiscono “soft” in contrapposizione con le “hard” skills, cioè abilità tecniche e specialistiche legate a un determinato mestiere o professione. Queste ultime sono un po’ lo zoccolo duro, quello che devi avere per capirci qualcosa di un determinato lavoro, mentre le prime riguardano più abilità trasversali. In pratica, possono essere presenti nelle persone indipendentemente dal ruolo e dalla mansione e diventano essenziali per operare al meglio e in maniera più completa ed efficace. Soprattutto, ci permettono di lavorare bene con le altre persone e risolvere i problemi che si possono presentare.

perché sono importanti le soft skills

Questi aspetti, che sembrano lontani dalle logiche economiche, in realtà finiscono per influenzare inevitabilmente anche aspetti ben più concreti, come la produttività.

Sapere comunicare adeguatamente, lavorare in un team, risolvere problemi e difficoltà che si presentano, gestire correttamente il tempo si traducono, concretamente, in progetti portati a termine, tempi rispettati, soddisfazione dei clienti. Così come in un clima interno all’azienda decisamente migliore, che incrementa la coesione del gruppo e il piacere di lavorare insieme.

Tutto ciò, a sua volta, si tramuta in maggiore produttività e minore conflittualità e assenteismo. Infatti, uno studio del 2015 dell’Università di Warwick dimostrava che i dipendenti felici lavorano di più e diventano un 12% più produttivi.

Quindi, per avere un clima soddisfacente che stimoli risultati migliori, le soft skills diventano essenziali.

Sono, insomma, talmente importanti per il risultato finale che posso senz’altro dire, senza timore di smentita, che è molto peggio avere un dipendente eccezionale nelle hard skills e totalmente incompetente nelle soft che non il contrario. Ancora di più in un ambito aziendale o di gruppo in cui la capacità di tenuta del team si riflette inevitabilmente su tempi e risultati economici.

Le soft skills per il 2023 (e oltre)

È chiaro che, come in tutte le cose, le situazioni cambiano e, di conseguenza, anche le competenze più richieste sul mercato del lavoro. Se guardiamo a questo nei decenni, anzi, nei secoli, possiamo dire che si è passati sempre più da una centralità delle hard skills ad un loro ridimensionamento per fare spazio, in maniera sempre più importante, anche alle soft skills. Ciò è andato necessariamente di pari passo con una complessificazione del mondo del lavoro che ha richiesto un’attenzione sempre maggiore ad aspetti come la capacità di lavorare adeguatamente in gruppo, di risolvere problemi sempre più intricati, di guidare team complessi, di gestire adeguatamente il tempo e i processi.

Una volta che l’idea di abilità trasversali ha preso sempre più piede e le stesse imprese hanno iniziato a guardare a capacità che non riflettessero unicamente le abilità puramente tecniche nello specifico ambito, si è poi cercato di capire quali competenze, di volta in volta, diventassero più cruciali.

Non è un puro esercizio di stile; a seconda dei momenti storici che attraversiamo e delle sfide che ci troviamo di fronte, alcune capacità possono fare la differenza o diventare più importanti di altre.

E, allora, cerchiamo di capire che cosa le indagini ci dicono per il futuro prossimo. In pratica, su cosa dovremo andare a migliorare le nostre competenze, se siamo in cerca di un lavoro (o di un miglioramento nello stesso). O a cosa fare attenzione nella ricerca di personale se stiamo assumendo.

Future of Jobs – World Economic Forum

Il Future of Jobs Report 2020 elaborato dal World Economic Forum si basa su un’indagine condotta tra le aziende e le organizzazioni di tutto il mondo e fornisce una visione a lungo termine delle tendenze del mercato del lavoro e delle competenze più richieste.

In questa analisi, si indicano le capacità che saranno più ricercate nel futuro.

Ecco, di seguito, le 15 skills principali individuate per il 2025:

  1. Pensiero analitico e innovazione
  2. Apprendimento attivo e strategie di apprendimento
  3. Risoluzione di problemi complessi
  4. Pensiero critico e capacità di analisi
  5. Creatività, originalità e iniziativa
  6. Leadership e influenza sociale
  7. Uso, monitoraggio e controllo delle tecnologie
  8. Progettazione e programmazione tecnologica
  9. Resilienza, gestione dello stress e flessibilità
  10. Ragionamento, risoluzione dei problemi e ideazione
  11. Intelligenza emotiva
  12. Risoluzione dei problemi e user experience
  13. Orientamento al servizio
  14. Analisi e valutazione dei sistemi
  15. Persuasione e negoziazione

Fin dalla prima edizione di questo rapporto, nel 2016, si notano come costante il pensiero critico e il problem solving. Nell’ultimo resoconto, fanno invece la loro comparsa nuove abilità come l’apprendimento attivo (2), la resilienza, la gestione dello stress e la flessibilità (9).

La predominanza delle soft skills per il futuro

Comunque, non ci vuole un occhio di lince e una grande capacità di analisi (skill 4 ;-)) per vedere che su 15 competenze la stragrande maggioranza è di tipo cognitivo e psicologico, più che tecnico in senso stretto. E queste ultime sono tutte orientate all’aspetto tecnologico, in linea con le richieste di evoluzione nel mercato del lavoro negli ultimi anni.

Ancora una volta, sottolineo che le aziende sono fatte di persone e da esse, dal loro benessere, dalla loro capacità di crescita e di stare insieme, dipendono lo sviluppo e l’innovazione, in aggiunta e ben al di là dell’inserimento di nuove tecnologie. Le quali, da sole, senza la capacità dei lavoratori di utilizzarle e di farlo nel modo più corretto, di accettare i cambiamenti, di aiutarsi nel crescere e prosperare, non possono servire. Almeno fino a quando il mondo non sarà governato solo da macchine e robot e l’uomo non sarà più essenziale (io spero non capiti mai), non si potrà non tenere conto delle capacità mentali e psicologiche delle persone.

Avevo già parlato, fra l’altro, del fatto che le tecnologie da sole non bastano, se non si considerano le persone, le loro resistenze al cambiamento e i modi per aiutarli a disinnescarle.

Le conferme delle ricerche

Nel suo Rapporto speciale 2020 – Formazione manageriale, la Harvard Business Review sottolinea come le competenze personali trasversali, cioè quelle non tecniche e non specialistiche, siano centrali per le strategie di sviluppo delle imprese. Questo ancora di più dopo la pandemia, che ha causato uno shock importante e una ridefinizione dei punti di riferimento, anche sul lavoro. Per adattarsi al cambiamento indotto e alle conseguenti nuove esigenze emerse, ci vogliono manager capaci di visione, di adattabilità, di resistenza allo stress, intelligenza emotiva, leadership e di altre soft skills.

In una survey dell’inizio di aprile 2022 di AstraRicerche risultava come i manager, dopo la pandemia, dessero priorità, fra le competenze da incrementare nei lavoratori, a molte soft skills legate alla capacità di affrontare nuovi problemi con modalità originali di soluzione, alla flessibilità, alla resilienza, alla gestione dello stress, ecc.

I macrosettori

Tornando al report del World Economic Forum e alla sua lista, non posso non notare che di gran parte di queste abilità ho già parlato in questo sito. Non a caso, visto che si occupa di innovazione, sì, ma nei suoi aspetti psicologici.

Di seguito, troverai i temi linkati, là dove vi sia già stato un articolo di approfondimento su questi aspetti. Così potrai fartene un’idea più precisa.

Guardando bene queste abilità soft, potremmo ulteriormente raggrupparle, per semplificare, in 3 macrosettori:

  1. Pensiero verticale (pensiero analitico, pensiero critico, ragionamento, risoluzione dei problemi, apprendimento, analisi e valutazione dei sistemi)
  2. Pensiero laterale (innovazione, creatività, originalità, risoluzione di problemi complessi)
  3. Intelligenza emotiva (iniziativa, persuasione e negoziazione, leadership e influenza sociale, resilienza, gestione dello stress e flessibilità, orientamento al servizio.

Pensiero verticale, laterale ed intelligenza emotiva

Come si può vedere, ho suddiviso la risoluzione dei problemi in due macrosettori, uno riguardo al pensiero verticale e uno al pensiero laterale. Pur essendo una suddivisione di massima che poi andrebbe valutata nella singola esigenza specifica, possiamo dire che risolvere i problemi può richiedere l’attivazione di due forme di pensiero differenti, a seconda del quesito che ci si para di fronte.

Talvolta, si tratta di dovere scomporre il problema in sotto problemi, di analizzare più a fondo la situazione, di fare ricerche o consultare chi ha maggiori conoscenze specifiche sul tema. E qui parliamo di capacità che risalgono tutte al pensiero verticale.

Tuttavia, in alcuni casi il pensiero logico non è sufficiente; bisogna invece uscire dalle risposte conosciute, dagli schemi predefiniti e vedere soluzioni nuove, fare connessioni prima non pensate, trovare un modo originale di dare soluzione a nuovi quesiti. In questo caso, è necessario attivare il pensiero laterale. Più il problema è complesso, più tendenzialmente è facile che sia necessario fare uso di questa competenza al di là del semplice ragionamento razionale.

L’intelligenza emotiva, invece, è la capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri. È un ambito che include in sé moltissime sottodistinzioni e capacità, che ho analizzato più nel dettaglio parlando proprio dell’importanza di questa competenza nel mondo del lavoro.

Conclusioni

Da psicologa, è ovvio, non posso che essere contenta che, finalmente, stia tramontando l’era della centralità della tecnica sulle qualità umane e del capo autoritario invece che autorevole, che poteva contare sulla paura più che sulle sue vere capacità di leadership e di gestione delle persone.

Ovviamente, questo è un mondo ideale, poi c’è quello reale, dove le differenze fra le imprese e le richieste delle persone sono molte. Ma è un dato di fatto che, in una realtà sempre più richiedente, stressante e in cambiamento, alcune capacità strategiche che rientrano fra le soft skills faranno la differenza fra chi avrà le capacità di sopravvivere e navigare adeguatamente questi mari tormentati e imprevedibili e chi, invece, soccomberà.

Il passaggio non sarà semplice. Le competenze soft, infatti, richiedono una capacità di mettersi in gioco ampiamente più elevata rispetto a quelle hard. Queste ultime, obbligano certamente ad un impegno cognitivo, ma la persona nella sua interezza può anche non essere attivata. Nelle competenze soft, è tutto l’individuo che deve impegnarsi; non solo cognitivamente per comprendere i punti essenziali, ma soprattutto emotivamente e socialmente per avviare un vero processo di cambiamento nell’approccio alle difficoltà, ai mutamenti e alle relazioni di lavoro.

Chi sarà capace di gestire il passaggio, ne avrà grandi soddisfazioni.

Grazie per avere letto questo articolo. Se non vuoi perderti i prossimi, iscriviti subito alla newsletter.
Oppure lasciami un commento qui sotto. Per me i tuoi spunti sono preziosi!

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per potere inviare il commento è necessario leggere e accettare la normativa sulla privacy (vedi sotto)
Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per maggiori dettagli su come trattiamo i tuoi dati personali, prendi visione della nostra Informativa sulla privacy.